Il 6° meeting della Pastorale della salute, contro l’ideologia del ‘belli e perfetti’

Si è svolto domenica 10 giugno a Marsciano il 6° meeting organizzato dalla Pastorale della salute della diocesi di Perugia – Città della Pieve, intitolato “E io vi ristorerò: nella sofferenza la Speranza”.

Don Massimo Angelelli, direttore dell’ufficio nazionale della Pastorale della salute, è stato il primo a parlare: “Siamo davanti a un cambiamento sociale. La famiglia si trova oggi ad affrontare problemi economici, mancanza di tempo e solidità, che non le permettono di prendersi cura dei malati, soprattutto se cronici. La crisi ha portato alla riduzione delle strutture sanitarie, comportando una diminuzione dei posti letto e dando il via al fenomeno della degenza e delle cure a domicilio, mettendo ancor più in difficoltà le famiglie.

È un quadro complesso, in cui i cristiani si devono inserire per obbligo evangelico. Non parliamo di azione sanitaria ma di sensibilità, che deve crescere nelle comunità come identità cristiana. Non è solo il corpo ad avere bisogno di cure, perché non siamo so- lo corpo.”

La società moderna risponde al diktat : “Belli, bravi e in salute. Se non saremo noi a occuparci delle periferie dell’umanità, non lo farà nessuno. In questa attenzione abiterà la nostra credibilità”.

Don Massimo ha anche parlato di giovani abituati alla violenza virtuale ma non alla sofferenza reale, condizione che crea in loro una crisi mentale, in quanto non li tutela dalla sofferenza o dalla morte di un loro caro, e che hanno poco a che fare con la fantasia.

L’ultimo appello va ai medici cristiani, invitati a comportarsi come tali, a non piegarsi al Sistema ma a dirigerlo, opponendosi all’ideologia dello scarto e del paziente visto come costo.

Poi alcune testimonianze, come quella di Zelinda: “La malattia caratterizza da sempre la mia vita, ma sono cresciuta in una famiglia poco avvezza alle lamentele; nonostante l’amore dei miei genitori, vivevo senza sognare un futuro. Nella Chiesa mi sono riconosciuta come persona, sono stata guardata senza pietismo. Ho imparato a stare bene con me stessa, ho imparato che la prova ha il peso che decidiamo di dargli. Ringrazio Dio per essere nata nel mio tempo: se mia madre si fosse trovata a farmi nascere oggi, forse non sarei qui”. Qualcun altro ha aggiunto: “A volte basterebbe ci fosse qualcuno a piangere con te”. Proprio da questo bisogno è partito l’intervento pomeridiano di padre Raniero Cantalamessa, perché è il punto da cui parte Gesù, che prima di qualsiasi guarigione, piange con chi soffre. “Dobbiamo stare attenti a non sembrare come gli amici di Giobbe, attenti a non voler spiegare la sofferenza come un libro stampato, non tirare fuori teologie intellettuali che non servono a niente. Anche di fronte al suicidio, frutto di una depressione, rimettiamo tutto nelle mani di Dio che conosce gli stati d’animo. Dio è amore, e la sua collera è amore all’ennesima potenza. Come cristiani siamo chiamati a offrire alle persone una speranza, in questo siamo debitori. Ma la sofferenza resta un mistero”.

Il meeting si è concluso con la messa presieduta da mons. Paolo Giulietti, che ha lasciato un compito ai presenti: “Dobbiamo tornare a parlare della fragilità dell’uomo, dobbiamo smascherare le ideologie che vogliono far diventare bene ciò che è male; su questo è importante pregare e riflettere. È fondamentale la buona stampa – ha concluso – perché non diventiamo schiavi di travisamenti e di ideologie che ci impediscono di vedere la sofferenza come luogo dove opera davvero la potenza di Dio”.

AUTORE: Giulia Corradi