A Collevalenza la Beatificazione di Madre Speranza, apostola del Vangelo della misericordia

Intervista a una persona che l’ha conosciuta molto bene, mons. Domenico Cancian

madre-speranza-cmykIn vista della beatificazione di Madre Speranza, abbiamo intervistato mons. Domenico Cancian, Figlio dell’Amore Misericordioso e vescovo di Città di Castello

Chi è per lei Madre Speranza?

“Madre Speranza era una donna innamorata di Gesù Amore Misericordioso. Lo chiamava Jesùs mio. Aveva chiesto all’infinito che la sua mente e il suo cuore fossero ‘fissi in Lui’, e un bel giorno si era sentita dire dallo Sposo: ‘Speranza, ora sono pienamente nel tuo cuore e nella tua vita’. Da questo profondo coinvolgimento affettivo con Gesù (attraverso infiniti incontri ‘a tu per tu’ con Lui), lei ha capito e testimoniato l’Amore e la Misericordia con una infinità di opere. Tante volte ha ripetuto: ‘Il Signore mi ha detto… e io ho cercato di fare la Sua volontà, anche quando non lo capivo, anche quando soffrivo’. Un’attività impressionante la sua: la nascita di una nuova famiglia religiosa fa pensare al dinamismo di santa Teresa di Avila; per la testimonianza di Gesù Amore Misericordioso si avvicina a santa Faustina Kowalska; per la sua grande accoglienza dei poveri è paragonabile alla beata Teresa di Calcutta. Il Signore si è servito di lei anche a livello sociale e politico attraverso incontri e bilocazioni che hanno segnato momenti storici, ancora poco noti”.

Lei per molti anni è vissuto accanto a una santa. Qual è stata la sua esperienza?

“Ho avuto la grazia di conoscere bene Madre Speranza: sono stato vicino a lei per circa 25 anni. La sua testimonianza mi ha segnato dal punto di vista umano e religioso. Donna umile e coraggiosa, aveva avuto dal Signore grandi doni: estasi, conoscenza di situazioni personali che umanamente non poteva sapere, bilocazioni, stigmate, sofferenze di ogni genere. Nonostante ciò, era una donna molto semplice, ‘con i piedi per terra’, capace di operare in ogni situazione: cucina, cantiere di lavoro, organizzazione di costruzioni e laboratori, formazione umana e spirituale, accoglienza a tutto campo dei poveri, pellegrini, sacerdoti. Noi ragazzi negli anni ’60-80 ce la trovavamo in modo discreto e materno in cappella, in refettorio, alle feste. Come una mamma dolce, attenta, esigente, incoraggiante, ci dava i suoi suggerimenti e ci raccontava qualche sua esperienza, a volte in modo anche umoristico e divertente”.

La gente si sofferma sui fatti straordinari. Qual è secondo lei il nocciolo del suo messaggio?

“La Madre aveva ricevuto – come detto – tanti doni straordinari, ma era riservatissima e non voleva nel modo più assoluto che l’attenzione andasse alla sua persona. Si riteneva semplicemente ‘ancella-schiava dell’Amore misericordioso’, uno strumento nelle mani del Signore: una scopa, un flauto, uno straccio, un fazzoletto che raccoglie le lacrime, l’asina di Balaam… La sua spiritualità si incentra su tre parole: Dio Amore Misericordioso. Sviluppando ‘una fede viva, una ferma speranza e una carità ardente’ (come dice lei stessa nel Testamento), Madre Speranza testimonia il Vangelo del Padre misericordioso, del buon samaritano, di Gesù che accoglie e perdona con viscere di materna tenerezza. Lo chiama el buen Jesùs, el bondadoso Padre che perdona, dimentica e non conta le miserie umane, anzi moltiplica il Suo amore a mano a mano che l’uomo si allontana da Lui. Come buon pastore, ‘insegue’ la pecora perduta finché non la trova, perché non vuole far festa senza averla con sé. Sembra ‘perdere la testa’ nell’andare incontro e abbracciare l’uomo più perduto. L’icona dell’Amore Misericordioso è Gesù crocifisso che continua a pregare in nostro favore: ‘Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno’ (Lc 23,34) e al peccatore assicura: ‘In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso’ (Lc 23,43). Questo è il messaggio centrale del Vangelo che Madre Speranza ha rilanciato nel nostro tempo”.

Madre Speranza è donna. Perché le donne hanno questo intuito nella conoscenza di Dio?

“Un tratto della psicologia femminile è la capacità affettiva-relazionale, l’accoglienza, la donazione della sposa e della madre. La Bibbia evidenzia nel termine rahamin le ‘viscere della misericordia’ che fanno riferimento al grembo materno. La paternità di Dio comprende la tenerezza materna (cf. Is 49,15; Lc 1,78). L’evangelista Giovanni afferma che il Figlio unigenito ‘è nel seno del Padre’ (Gv 1,18). D’altro canto, negli ultimi decenni abbiamo avuto donne che hanno testimoniato la bellezza evangelica della misericordia: santa Teresa di Lisieux, santa Faustina Kowalska, la beata Teresa di Calcutta… e la beata Speranza. Ma nella storia della Chiesa tante sante hanno messo in evidenza questo amore misericordioso, che trova la massima espressione in Maria. Si pensi a santa Caterina da Siena, santa Margherita Alacoque, santa Angela Merici… La Chiesa non può non essere madre”.

La Misericordia può dare l’idea di un lassismo spirituale. Come la intendeva la beata Madre Speranza?

“La misericordia ben intesa ci fa superare la rigidità legalistica e il moralismo, ma senza portare al ‘buonismo’, al disimpegno o al lassismo. Anzi, al contrario, la misericordia costituisce la provocazione più forte alla conversione spirituale, morale ed esistenziale, perché tocca il cuore e coinvolge tutta la persona in modo affettivo. La riprova è nelle conversioni evangeliche: Matteo, Zaccheo, la Maddalena, il buon ladrone ci parlano di un cambiamento radicale della vita avvenuto nell’esperienza dell’accoglienza misericordiosa e del perdono offerto gratuitamente da Gesù. È la stessa esperienza di Papa Bergoglio, che pone nel suo stemma le parole Miserando atque eligendo, e proprio nell’esperienza del perdono ha sentito la chiamata della donazione totale al Signore. Per questo non si stanca di raccomandare ai sacerdoti confessori la misericordia. Decenni prima, Madre Speranza lo chiedeva ai Figli dell’Amore misericordioso. Lei vedeva sempre l’Amore misericordioso nel crocifisso. Diceva: ‘Basta uno sguardo a Lui per capire cos’è l’amore’. In questo modo si è coinvolti in un amore appassionato. Altro che lassismo!”.

San Giovanni Paolo II, santa Faustina Kowalska, la beata Madre Speranza, ora Papa Francesco: ci attende un terzo millennio all’insegna della Misericordia?

“Sono convinto che il terzo millennio riscoprirà la bellezza della misericordia. Dal Concilio Vaticano II a Papa Francesco si può vedere come questo tema stia diventando sempre più centrale nella nuova evangelizzazione. San Giovanni Paolo II lo ha evidenziato in modo teologico nell’enciclica Dives in misericordia (1980) e in tanti altri interventi magisteriali (pensiamo all’esperienza del Giubileo del 2000 e alla canonizzazione di santa Faustina Kowalska). Ma il tema è stato ripreso da Papa Benedetto e ancor più da Papa Francesco. Se, come sostiene il card. Kasper, la misericordia è ‘il concetto fondamentale del Vangelo e la chiave della vita cristiana’ è evidente che la nuova evangelizzazione deve mettere al centro l’Amore e la Misericordia. Secondo Kasper, tutta la teologia e la pastorale vanno ripensate e riproposte in questa luce. Madre Speranza ripeteva: se gli uomini conoscessero quanto è buono il Signore, sarebbero tutti santi. Ecco la missione della Chiesa: accostare gli uomini alla misericordia evangelica”.

Cosa un cristiano deve imitare di Madre Speranza?

“Madre Speranza spinge tutti a una grande fiducia nell’amore misericordioso del Signore: è il ‘principio speranza’. Invita a imparare sempre più a ricevere e donare misericordia, perdono, aiuto alle persone che incontriamo. Ci consiglia di vivere ogni momento tenendo fisso lo sguardo sul Crocifisso e facendo, come Lui, tutto per amore. In estrema sintesi, ci ricorda che la santità cristiana consiste nell’amare come Gesù ci ama, in modo generoso e gratuito, paziente e coraggioso, senza limiti. Il nome ‘Madre Speranza’ ci dice che l’amore misericordioso del Signore cerca la possibilità di incarnarsi – in certo qual modo – nelle viscere paterne e materne di ogni uomo, facendo fiorire e fruttificare il Vangelo dell’amore e della misericordia in tempi piuttosto aridi come i nostri”.

AUTORE: Marcello Cruciani