A testimonianza della Verità

Commento alla Parola della Domenica

AltareBibbiaLa Parola di Dio all’inizio del nuovo anno civile si apre all’insegna di due termini chiave: servizio e testimonianza. Il brano del profeta Isaia della Liturgia odierna, che è uno dei quattro Canti del Servo di Jahwe, contiene la descrizione della missione del Servo stesso: … ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra. Pur essendo figlio di Israele, questo Servo è chiamato non solo a riunire gli israeliti, ma anche a portare luce e salvezza alle nazioni, a coloro cioè che ancora non conoscono l’unico Signore. Di questo Servo preannunciato da Isaia, ora Giovanni Battista ne dà testimonianza: Io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio. Che cosa ha visto Giovanni tanto da renderne testimonianza fino al martirio? Ha visto discendere e rimanere su di lui lo Spirito. Così come era stato preannunciato da Isaia: Ho posto il mio spirito su di lui. Gesù è il Servo su cui discende lo Spirito di Dio e, rispetto ad altri paralleli dove è il Padre che dà testimonianza del Figlio (Tu sei il Figlio mio, l’amato, Mc 1,11), qui è un uomo, Giovanni Battista, che testimonia su Gesù, riconoscendolo Figlio di Dio.

La testimonianza da parte dell’uomo continua grazie alla figura di Paolo che, nella I Lettera ai Corinzi si presenta in qualità di chiamato a essere apostolo di Gesù Cristo e, come l’autore del Salmo responsoriale che afferma Nel rotolo del libro di me è scritto di fare la tua volontà, anche Paolo è autorizzato ad essere ‘inviato’ per volontà di Dio. Il Servo di Jahwe, Gesù, Giovanni e Paolo hanno in comune il servizio alla Verità e la testimonianza, nel significato originale di martyros. Sul loro modello, ancora oggi dei testimoni continuano a dare la vita per la Verità. Ad esempio, sicuramente tutti siamo rimasti ammutoliti dal lungo elenco che Papa Francesco ha letto nel giorno di Natale e relativo a popolazioni che sono in guerra, molte delle quali perseguitate a causa della fede. Assurde le cifre di cristiani massacrati e uccisi lo scorso anno solo perché professanti la fede cristiana. Sulla stessa questione il Papa è tornato ponendosi la sconcertante domanda: “Ma perché il mondo perseguita i cristiani? Il mondo odia i cristiani per la stessa ragione per cui ha odiato Gesù, perché lui ha portato la luce di Dio e il mondo preferisce le tenebre per nascondere le sue opere malvagie” (Angelus, 26.12.2016). E noi? Che tipo di testimonianza rendiamo? Potremmo lasciarci prendere dalla tentazione di dire che si tratta di altri tempi. No! “Anche oggi la Chiesa, per rendere testimonianza alla luce e alla verità sperimenta in diversi luoghi dure persecuzioni, fino alla suprema prova del martirio.

Quanti nostri fratelli e sorelle nella fede subiscono soprusi, violenze e sono odiati a causa di Gesù! Io vi dico una cosa, i martiri di oggi sono in numero maggiore rispetto a quelli dei primi secoli” (Papa Francesco, 26.12.2016). E se anche non abitiamo in Siria o in Iraq (dove anche questi giorni abbiamo avuto notizie terribili), pensiamo quanto costi ai nostri giovani dover testimoniare la fede in Cristo nelle scuole dove, in nome della ‘laicità’, vengono insultati, o quanti, nelle fabbriche, negli ospedali, nei luoghi di lavoro in genere, sono ostacolati perché cristiani! Qui, tuttavia, sta la forza del cristiano che, senza ostentare, conduce uno stile di vita trasparente e, da vero innamorato di Cristo testimonia la sua appartenenza al Figlio di Dio. Non si nasconde dietro al silenzio di chi non vuol impostare una conversazione che potrebbe costare la ‘reputazione’, ma al momento giusto interviene con semplicità, ma determinatezza. “Sfidare gli ostacoli e le difficoltà è più nobile che ritirarsi nella quiete”, scriveva lo scorso secolo il libanese K. Gibran (Le ali spezzate). E tornando al brano evangelico, pensiamo quanto sarà costato a Giovanni Battista additare l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo dove, per peccato al singolare s’intende (biblicamente parlando) il rifiuto di riconoscere Gesù come l’inviato di Dio, come vero Signore della vita di ciascuno.

La figura dell’agnello era ben nota nella religiosità giudaica, quale emblema dell’espiazione dei peccati e, riconoscendo la sua venuta, si sarebbero dovuti riconoscere nella necessità di accogliere la misericordia e di professare la fede in Dio. Giovanni non ha taciuto questo messaggio perché il suo cuore scoppiava di desiderio di annunciare la Verità ed ha reso ‘testimonianza’. Torniamo indietro di qualche decennio e pensiamo ad un altro uomo che aveva il cuore innamorato della Verità, Oscar Romero, Vescovo salvadoregno ucciso mentre celebrava l’Eucaristia. Egli non riusciva a tacere la Verità tanto ne era appassionato e, pur non sentendosene degno, l’ha protetta fino all’ultimo istante della vita a tutti i costi. Aveva dichiarato: “Il martirio è una grazia di Dio che non credo di meritare, ma se Dio accetta il sacrificio della mia vita, che il mio sangue sia un seme di libertà e il segno che la speranza sarà presto realtà” (citato in Il fiore rosso). Così è stato per la sua gente e per la Chiesa universale e per quanti, nelle proprie circostanze, ardono di desiderio per la Verità, per Cristo.

a Parola di Dio all’inizio del nuovo anno civile si apre all’insegna di due termini chiave: servizio e testimonianza. Il brano del profeta Isaia della Liturgia odierna, che è uno dei quattro Canti del Servo di Jahwe, contiene la descrizione della missione del Servo stesso: … ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra. Pur essendo figlio di Israele, questo Servo è chiamato non solo a riunire gli israeliti, ma anche a portare luce e salvezza alle nazioni, a coloro cioè che ancora non conoscono l’unico Signore. Di questo Servo preannunciato da Isaia, ora Giovanni Battista ne dà testimonianza: Io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio. Che cosa ha visto Giovanni tanto da renderne testimonianza fino al martirio? Ha visto discendere e rimanere su di lui lo Spirito. Così come era stato preannunciato da Isaia: Ho posto il mio spirito su di lui. Gesù è il Servo su cui discende lo Spirito di Dio e, rispetto ad altri paralleli dove è il Padre che dà testimonianza del Figlio (Tu sei il Figlio mio, l’amato, Mc 1,11), qui è un uomo, Giovanni Battista, che testimonia su Gesù, riconoscendolo Figlio di Dio. La testimonianza da parte dell’uomo continua grazie alla figura di Paolo che, nella I Lettera ai Corinzi si presenta in qualità di chiamato a essere apostolo di Gesù Cristo e, come l’autore del Salmo responsoriale che afferma Nel rotolo del libro di me è scritto di fare la tua volontà, anche Paolo è autorizzato ad essere ‘inviato’ per volontà di Dio. Il Servo di Jahwe, Gesù, Giovanni e Paolo hanno in comune il servizio alla Verità e la testimonianza, nel significato originale di martyros. Sul loro modello, ancora oggi dei testimoni continuano a dare la vita per la Verità. Ad esempio, sicuramente tutti siamo rimasti ammutoliti dal lungo elenco che Papa Francesco ha letto nel giorno di Natale e relativo a popolazioni che sono in guerra, molte delle quali perseguitate a causa della fede. Assurde le cifre di cristiani massacrati e uccisi lo scorso anno solo perché professanti la fede cristiana. Sulla stessa questione il Papa è tornato ponendosi la sconcertante domanda: “Ma perché il mondo perseguita i cristiani? Il mondo odia i cristiani per la stessa ragione per cui ha odiato Gesù, perché lui ha portato la luce di Dio e il mondo preferisce le tenebre per nascondere le sue opere malvagie” (Angelus, 26.12.2016). E noi? Che tipo di testimonianza rendiamo? Potremmo lasciarci prendere dalla tentazione di dire che si tratta di altri tempi. No! “Anche oggi la Chiesa, per rendere testimonianza alla luce e alla verità sperimenta in diversi luoghi dure persecuzioni, fino alla suprema prova del martirio. Quanti nostri fratelli e sorelle nella fede subiscono soprusi, violenze e sono odiati a causa di Gesù! Io vi dico una cosa, i martiri di oggi sono in numero maggiore rispetto a quelli dei primi secoli” (Papa Francesco, 26.12.2016). E se anche non abitiamo in Siria o in Iraq (dove anche questi giorni abbiamo avuto notizie terribili), pensiamo quanto costi ai nostri giovani dover testimoniare la fede in Cristo nelle scuole dove, in nome della ‘laicità’, vengono insultati, o quanti, nelle fabbriche, negli ospedali, nei luoghi di lavoro in genere, sono ostacolati perché cristiani! Qui, tuttavia, sta la forza del cristiano che, senza ostentare, conduce uno stile di vita trasparente e, da vero innamorato di Cristo testimonia la sua appartenenza al Figlio di Dio. Non si nasconde dietro al silenzio di chi non vuol impostare una conversazione che potrebbe costare la ‘reputazione’, ma al momento giusto interviene con semplicità, ma determinatezza. “Sfidare gli ostacoli e le difficoltà è più nobile che ritirarsi nella quiete”, scriveva lo scorso secolo il libanese K. Gibran (Le ali spezzate). E tornando al brano evangelico, pensiamo quanto sarà costato a Giovanni Battista additare l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo dove, per peccato al singolare s’intende (biblicamente parlando) il rifiuto di riconoscere Gesù come l’inviato di Dio, come vero Signore della vita di ciascuno. La figura dell’agnello era ben nota nella religiosità giudaica, quale emblema dell’espiazione dei peccati e, riconoscendo la sua venuta, si sarebbero dovuti riconoscere nella necessità di accogliere la misericordia e di professare la fede in Dio. Giovanni non ha taciuto questo messaggio perché il suo cuore scoppiava di desiderio di annunciare la Verità ed ha reso ‘testimonianza’. Torniamo indietro di qualche decennio e pensiamo ad un altro uomo che aveva il cuore innamorato della Verità, Oscar Romero, Vescovo salvadoregno ucciso mentre celebrava l’Eucaristia. Egli non riusciva a tacere la Verità tanto ne era appassionato e, pur non sentendosene degno, l’ha protetta fino all’ultimo istante della vita a tutti i costi. Aveva dichiarato: “Il martirio è una grazia di Dio che non credo di meritare, ma se Dio accetta il sacrificio della mia vita, che il mio sangue sia un seme di libertà e il segno che la speranza sarà presto realtà” (citato in Il fiore rosso). Così è stato per la sua gente e per la Chiesa universale e per quanti, nelle proprie circostanze, ardono di desiderio per la Verità, per Cristo.

AUTORE: Giuseppina Bruscolotti