Acqua: minimo stagionale atteso a novembre. 62 i Comuni in crisi

La Regione istituisce la commissione di crisi che si riunirà il 2 agosto

Anche se la pioggia è tornata a far visita alla nostra terra arsa dal sole, portando refrigerio alle coltivazioni, la crisi idrica continua ad interessare l’Umbria, per le coltivazioni già messe a dura prova e per le riserve di acqua potabile che non saranno rinfrancate dalle abbondanti precipitazioni di questi giorni. Così il lavoro per l’emergenza idrica procede e la presidente della Regione Umbria, Maria Rita Lorenzetti, in qualità di Commissario delegato per la crisi idrica (la nomina del Governo è giunta giovedì scorso) ha emesso la sua prima ordinanza con la quale istituisce il “Comitato di crisi” e lo convoca per il prossimo 2 agosto per la prima riunione operativa. Il Comitato, spiega un comunicato della Regione, è “un organismo che dovrà assicurare il coordinamento generale e il raccordo delle attività di competenza delle amministrazioni statali e locali interessate alla crisi idrica. Ne fanno parte, oltre al Commissario delegato, gli assessori regionali all’ambiente, all’agricoltura ed alla tutela della salute, i Prefetti di Perugia e Terni, i Presidenti delle due Province, i segretari dell’Autorità di Bacino del fiume Tevere e dell’Autorità di Bacino del fiume Arno e i Presidenti degli Ambiti territoriali ottimali”. Con l’ordinanza la Presidente ha istituito anche una Unità operativa formata dal personale regionale e dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale, per lo svolgimento delle attività tecniche ed amministrative a supporto del Commissario delegato. Il Governo, nell’ordinanza del 19 luglio sulle “disposizioni urgenti per fronteggiare l’emergenza nel settore dell’approvigionamento idrico nella Regione Umrbia” ha affidato al Commissario il compito di predisporre un piano di interventi “urgenti e necessari” per affrontare la crisi. Si dovrà intervenire per “convertire” i sistemi di irrigazione verso sistemi a basso consumo, ma si dovrà anche lavorare per il completamento delle infrastrutture necessarie per lo sfruttamento degli invasi delle dighe di Montedoglio e del Chiascio e la salvaguardia del lago Trasimeno. In Regione si sta lavorando per mettere a punto le priorità degli interventi anche per il sistema idropotabile. Il quadro della situazione lo traccia con noi l’ing. Angelo Viterbo, responsabile del settore. La crisi che ha colpito sorgenti come quella di Bagnaia che nel 2001 aveva una portata media di 230 listri/secondo mentre oggi ne ha solo 50, si farà sentire sicuramente fino a novembre e dicembre quando si raggiungerà il minimo stagionale delle falde acquifere, e fino ad allora si dovrà puntare sul risparmio di acqua. Al momento risultano interessati alla crisi 62 dei 92 comuni umbri (750mila abitanti sul totale di 815mila). Di questi 5 sono in emergenza con forti turnazioni (chiusura dell’acqua per un certo tempo): Valfabbrica, e i comuni della Media Valle del Tevere. Per altri 38 comuni, quelli serviti dal consorzio degli acquedotti del perugino-Trasimeno, sono in atto turnazioni ‘soft’ o, in alcuni casi servizio alternativo con autobotti, mentre per 19 comuni della zona dello spoletino e del folignate, la situazione si potrebbe definire di “preallarme” non essendo stata ancora adottata alcuna misura di turnazione o autobotti. L’impegno della regione per il prossimo futuro sarà nel senso di migliorare la captazione delle acque, intervenire sui potabilizzatori, i trasporti e le turnazioni. Per gli interventi a lungo termine, già previsti nel piano regionale delle acque, si cercherà di intervenire sulla razionalizzazione e sulla perdita degli acquedotti. Ad oggi ci sono otto “schemi” acquedottistici che coprono l’80% del territorio attingendo a più fonti d’acqua, ma l’obiettivo è di passare entro l’anno dagli attuali 177 gestori a soli tre gestori, uno per ogni Ambito territoriale ottimale (Ato) consentendo un uso integrato delle sorgenti e dei pozzi che già in questa fase dimostra essere efficace nella gestione della crisi. Sul fronte delle “perdite” degli acquedotti la Regione estenderà un sistema tecnologico già collaudato che monitorando i consumi notturni è in grado di individuare i punti critici. Dell’attuale 45% di acqua non contabilizzata un 10-15% è per consumi pubblici. La perdita effettiva, spiega Viterbo, sarebbe del 30-35% che si vorrebbe portare al 20%, livello definito “fisiologico”. Più complesso si fa il discorso per il risparmio di acqua nelle attività industriali e artigianali che in genere attingono a fonti proprie, in genere pozzi. La Regione punta alla realizzazione di acquedotti industriali che utilizzino anche acque reflue, riciclate, ma tra le difficoltà vi è la frammentazione delle aree da servire.

AUTORE: Maria Rita Valli