Benedetto XVI in Francia

La Francia, nazione carica di storia e cultura, alla quale guarda con ammirazione il mondo intero, è stata visitata dal Papa. Un viaggio, un evento, uno specifico messaggio. Cerchiamo anche noi di capire qualcosa che ci interpella. L’incontro tra questa nazione e il Papa è stato intenso. I commenti al viaggio fatti da intellettuali e riportati dalla stampa francese, da Le Figaro a Libération, a parte le frecciate a Sarkozy, esprimono rispetto e ammirazione. Ma nessuno può commentare tale visita meglio del suo protagonista, che l’ha riassunta nella consueta udienza di mercoledì scorso. Un aspetto che più direttamente interferisce con il clima culturale del nostro tempo, in Europa e in Francia (si ricordi che fu la Francia ad opporsi alle ‘radici cristiane dell’Europa’ nella Costituzione europea), è quello del pluralismo culturale, che tende a livellare tutte le religioni e le culture sullo stesso piano. Benedetto XVI vuol far emergere il peso specifico che ha avuto il cristianesimo nella formazione culturale del continente. Per questo, nella nazione in cui è stata forgiata e lanciata nel mondo la famosa triade ‘liberté, égalité, fraternité’ ha voluto ricordare che ‘garante della nostra libertà’ è la dimensione spirituale e che nell’amata nazione, figlia primogenita, ‘la Chiesa, già dal II secolo, ha svolto un fondamentale ruolo civilizzatore’. Vi è una stretta relazione tra l’antica evangelizzazione, i progressi culturali e la stessa laicità che si è affermata in terra francese, sulla scorta dell’ evangelico ‘date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio’. È nel contesto cristiano che tale processo culturale si è affermato ed ha prevalso il criterio di ‘una sana distinzione tra la sfera politica e quella religiosa’. Questa è autentica laicità, che si può considerare positiva – ha spiegato il Papa – perché non prescinde dalla dimensione spirituale, ma riconosce che proprio questa, radicalmente, è ‘garante della nostra libertà e dell’autonomia delle realtà terrene’. Richiamando l’incontro con il mondo della cultura, il Papa ha sottolineato il legame tra ‘la ricerca di Dio’ e la ‘cultura della parola’ fin dai primi tempi del monachesimo benedettino. Di qui l’importanza delle ‘scienze profane’ e dello sviluppo ‘nei monasteri di quella eruditio che avrebbe consentito il formarsi della cultura’. ‘Quaerere Deum, cercare Dio, resta oggi come ieri la via maestra ed il fondamento di ogni vera cultura’. E proprio la presenza di ‘questa teologia monastica ha dato anche origine alla nostra cultura occidentale’. Un passaggio del discorso di Ratzinger ancora una volta riporta l’attenzione su san Benedetto da Norcia, i monaci, la Parola e il lavoro, la ricerca di Dio. Da questa ricerca religiosa e dallo studio delle Sacre Scritture, in un’epoca di crisi profonda della civiltà antica, sorse lo studio e l’amore per la scrittura e per le lettere anche profane. È importante ripresentare queste informazioni, che qualcuno ha pensato di tagliare fuori dalla memoria storica, facendo piazza pulita della Chiesa e del Medioevo, come se fossero realtà da gettare nel cestino della storia. In questa prospettiva, il Pontefice vuol ridare dignità e valore al passato sul quale i cattolici hanno pure giustamente ripetuto il Miserere ma che, secondo il Papa, sono legittimati anche ad intonare il Te Deum.

AUTORE: Elio Bromuri