Benvenuti a Lourdes!

Dall’aeroporto di Lourdes (ne sono appena tornato) passano giornalmente migliaia di viaggiatori da ogni parte del mondo. Praticamente tutti – diciamo il 99 per cento? – ci vanno per una unica e sola ragione, ben precisa; lascio ai lettori indovinare quale. Ai viaggiatori in arrivo all’aeroporto, il benvenuto viene dato da un bel cartellone colorato, con l’invito “Visitate Lourdes!” e l’immagine di un turrito castello medievale, che nessuno andrà a vedere. Non c’è in tutto l’aeroporto il minimo accenno a quella unica e sola ragione che ha portato lì tutte quelle persone (e i loro soldi). È la famosa laicità francese: tutti sono liberi di praticare la propria religione, ma esclusivamente in privato; al di fuori del privato, la religiosità (di qualunque specie) non si deve vedere e le autorità devono far finta che non esista. Anche toccando, a volte, il ridicolo. A parte questo curioso particolare, ogni visita a Lourdes è sempre emozionante, specie per chi ci va a fare una esperienza di servizio. Fra le tante altre cose, mi ha sempre fatto impressione vedere dal vivo l’universalità della Chiesa: pellegrini in gruppi organizzati che vengono dall’Uganda e dalla Bolivia, dalla Polonia e dall’Australia, da Singapore e dal Libano. Tutti portano le loro bandiere e parlano le loro lingue, ma poi si mescolano, cantano e pregano tutti insieme, coralmente. Come nella grande messa domenicale (quest’anno l’ho vista presiedere dal Patriarca dei maroniti libanesi, con non so quanti cardinali e vescovi attorno) e nella processione notturna con le fiaccole, dove si recita il rosario intonando le Ave Maria a turno in ciascuna delle lingue presenti, e ognuno risponde nella propria lingua. Sembra di stare nell’episodio descritto negli Atti degli apostoli 2,6-10. Dirò di più: in quell’ambiente, in quel clima, ciascuno mostra, spontaneamente, il meglio di sé e quindi sembra di incontrare solo santi, come se si fosse in paradiso. Poi, rientrati a casa, torniamo a essere le pecore nere di sempre. Ma qualche cosa rimane. Almeno spero.

AUTORE: Pier Giorgio Lignani