Bofonchiando

15 maggio, Festa dei Ceri. Alle 5 del pomeriggio (a las cinco de la tarde!), sotto lo sguardo lucido e trepidante di sant’Ubaldo, la processione esce dalla Cattedrale, scende lungo Via Ducale e inizia lento pede il percorso inverso a quello che i Ceri percorreranno a velocità folle. Ho partecipato diverse volte a questa processione, però vestito da ceraiolo; stavolta sono vestito da prete d’altri tempi, con indosso una pianeta antica e preziosa d’oro e di sbrellocchi, pesante. Fendiamo la folla. La gente applaude sant’Ubaldo. La folla si fa sempre più densa. Applaude, occhi pieni di anima. Quest’anno i ceraioli e i carabinieri (connubio inedito, ma il giorno dei Ceri a Gubbio tutto è possibile) hanno formato un robusto anello umano per tenere lontana la gente che gli anni scorsi si protendeva a baciare la reliquia portata dal Vescovo o lambire il piviale d’oro del Santo. Abbiamo rischiato diverse volte, negli anni passati, di fumarci ambedue i vescovi, quello santo di ieri e quello quasi/santo di oggi: il che sarebbe stato troppo, anche in tempo di riduzione contrattata del numero dei successori degli apostoli in Umbria. Dietro a me un confratello bofonchia il suo sordo malcontento contro la pietà popolare. “Vorrei vedere quanti di questi domani parteciperanno al Pontificale!”. “Bah! Questo è solo folklore!”. E mentre tutti cantano “Sostegno d’ogni cuore, Ubaldo santo!” lui corregge “Povero Ubaldo!!”. Anch’io bofonchio, dentro. Fratello mio, perché non sei restato a casa? Sempre dolorosa, la rottura degli zebedei diventa lancinante quando uno è vestito come san Filippo Neri decollante per l’ennesima estasi. E la mia è davvero una piccola estasi. Decine, centinaia di volti mi si parano davanti, gente che applaude e guarda sant’Ubaldo con un’intensità sempre diversa. Che trauma c’è dietro quella faccia di donna pallida e tesa, come spianata da un invisibile rullo compressore? Un’attesa forte ed esitante esprimono gli occhi di quel ragazzo, grondante orecchini e breucci vari dal naso, dagli orecchi, dalle labbra: uno sguardo tornato giovane, intenso, implorante. E luminoso, aperto. Ognuno ha diritto di custodire la propria coscienza e incrementarla nelle direzioni di bene che la vita gli ha suggerito. Ognuno ha il dovere di recriminare sui presunti peccati altrui un po’ meno di come -d’istinto- vorrebbe e di concentrarsi un po’ di più sui certi peccati propri. Forse la Chiesa ci rimetterebbe qualche predicatore, certo ci guadagnerebbe qualche cristiano.