Ce l’ho fatta

ABAT JOUR

Era qualche anno che non ci riuscivo. Ieri sera, 18 aprile 2011, ci sono riuscito. Il film La Passione di Cristo di Mel Gibson è arrivato nelle sale cinematografiche italiane nell’aprile del 2004, poi è stato a più riprese trasmesso in tv. Sette anni. Ci ho provato più volte. Ne ho visti diversi spezzoni, mai tutto intero. Non ci riuscivo. Ieri sera ce l’ho fatta. Dall’arresto nell’Orto degli ulivi, ai due processi/burletta davanti al sinedrio e a Pilato, al sangue della flagellazione che inonda il mondo, alle crudeli e stupide prese in giro da parte della soldataglia, allo strazio di una Via crucis che non finisce più, fino al grido della disperazione assoluta, fino al sussurro del fiducioso abbandono assoluto, lassù, sulla croce: tutto un susseguirsi incalzante, aggressivo di immagini shockanti per quanto sono dure e di parole, altrettanto shockanti per quanto sono tenere.

Perché non riuscivo a vederlo fino in fondo, il capolavoro di Mel Gibson? Perché prima o poi mi prendeva alla gola una verità lacerante: tutto questo è accaduto, tutto, realmente, sangue, sangue, sangue e acqua. I film dell’orrore mi lasciano indifferente. L’esorcista mi ha provocato una nutrita serie di sbadigli, e anche una punta di rammarico per tutto quel pomodoro sprecato. Ma la scena della “roulette russa” nel film Il cacciatore mi è sempre riuscita insopportabile, e ho dovuto spegnere la tv. Come la scena dell’ultima, imprevista flagellazione di Gesù, quella sul petto, dopo averlo arrovesciato sul dorso, come non bastassero i solchi di sangue del flagello sulla schiena. Ma ieri sera, anche se lo avessi voluto, non avrei potuto spegnere la tv, perché il film lo vedevo insieme con i miei ragazzi che non sanno leggere, e dovevo leggerle io, le sottotitolature che erano state messe lì per tradurre in italiano a volte un latino iroso, più spesso un “aramaico maccabaico” gutturale, arido come la morte. Maria. Non una lacrima. Un dolore di pietra. Uno slancio d’amore fuori tempo mentre raccoglie il sangue della flagellazione con il lenzuolo bianco che le ha offerto la moglie di Pilato.

E quando, dopo l’ennesima caduta sotto la croce, riesce ad avvicinarlo, testa a testa… ancora l’antica preoccupazione materna, quella di trent’anni prima, quando il piccolo Gesù si era sbucciato le ginocchia: “Ci son qui io, tua madre…”. Infine, dopo avergli baciato i piedi inchiodati, con il suo sangue sulle labbra, appena un fiato: “Carne della mia carne, cuore del mio cuore…”. Polemiche, discussioni. Antisemita, sì o no? Iper-reralista? Provocatorio? Ma non vi vergognate, a formulare domande del genere, pensando che tutto quello che avete visto è successo davvero? Lasciate che sia la voce strozzata di Ottavina a parlare a nome vostro, a parlare a nome nostro: “Basta!! Basta!!” a ogni colpo di flagello. E Roberto, sottovoce, a lungo: “Mamma mia! Mamma mia!”.

AUTORE: Angelo M. Fanucci