Chi è quel povero frate? E’ San Bernardino da Siena!

Una "discutibile" statua del grande Santo al centro di una piazza di Porano

San Bernardino, anche se da Siena, a Porano, un rispettabile comune lontano poco più di una manciata di chilometri da Orvieto, ci sta di casa. Ma questi non è un Santo famoso del Quattrocento, con tanto di aureola, onore e vanto della famiglia francescana, che lasciò di sé un gran ricordo per la sua parola e per il suo fare? Sì. Ma nel cuore dei poranesi è piantato da sempre, perché ne è il protettore, e siamo sicuri che non c’è una casa, in quel borgo storico, aspro e forte, in cui non si rispetti e non si veneri la sua immagine. E magari con quel suo fiammante e celebre monogramma, dove spiccano tre lettere: una Y, una H e una S, e che tutti s’arrischiano a decifrare, con scarso esito, oggi più che mai, perché a corto di nozioni e specie di latino. Conteneva questo il suo programma, il nome di Gesù, che il Santo andava a sbandierare su tutte le piazze, di tutte le contrade e dei mille paesi che a passi frenetici visitò, additandolo quale salvezza per tutti . “Con una predicazione – a detta di Piero Bargellini – colorita, arguta, fresca, appassionata e penetrante”. I temi preferiti erano quelli della pace, della concordia, in tempi in cui dietro ad ogni angolo si litigava o si faceva alla guerra, e soprattutto di carità, perché ce n’era tanto bisogno per la povertà dei poveri. “O tu che hai tanti spogli che non ha la cipolla – diceva agli egoisti – ricopri la carne del povero quando… lo vedi ignudo: la sua carne e la tua è una medesima carne”. E a chi gli rinfacciava di non aver roba da dare: “Iddio non vuole che tu ti scortichi. Dice: – Vuoi tu dare l’elemosina? Or dàlla. Non puoi dare un pane? No? Or danne un poco. Non puoi dare del vino? Or dà dell’acquerello, dà dell’acetello annacquato”. Inutile a dire, sul cuore dei semplici e dei buoni questi consigli, nudi e crudi, facevan subito presa. Quando girò per Porano, la gente gli correva dietro, sì come quando si va dietro a quelli del circo. Perché veramente è un popolo che, dietro a modi molto bruschi e spicciativi, nasconde un cuore grande e generoso. Ma questo paese può vantare, nei confronti del Santo, un motivo in più di attaccamento. L’indimenticabile avvocato Aurelio Ficarelli, nella sua Sancta Urbevetana Legio dice: Può ritenersi che lassù – a Porano – avesse a recarsi per invito e speciale considerazione verso la famiglia materna degli Avveduti, che in Orvieto godeva onori e ricchezze, e diritti di signoria sui castelli di Porano e di Castelrubello. Nel palazzo baronale di quest’ultimo… si conserva un piccolo oratorio, eretto nel sec. XVI con un’antica immagine del nostro Santo in una parete della stanza ove egli riposò”. Per la sua speciale intercessione Porano ottenne anche la liberazione da soldatesche e compagnie di ventura, già accampate presso Cantolla, distolte e disorientate da un denso quanto improvviso nebbione. Perciò il popolo grato, oltre al voto della costante festa annuale, gli eresse un altare nella parrocchiale e fece dipingere la sua immagine in altra cappella di pubblico patronato. Insomma potete toccare tutto, a Porano, fuorché san Bernardino. Ed ora giacché il discorso è scivolato sulle immagini del medesimo, non c’è un santo che sia stato più raffigurato di lui, sia in quel Comune, sia in tutto l’Orvietano e forse anche nell’ambito dell’Italia centrale, dove più si fece sentire la sua influenza. Ci si sono cimentati grandi e piccoli, noti e ignoti, pittori e scultori, chi con tanta efficacia e chi con meno, chi per diretta conoscenza e chi per indiretta. Ci sono alcuni esemplari che veramente possono essere considerati al top della poetica e dell’arte. Anche Porano, ai nostri giorni, non pago del passato, ha voluto ritentare l’avventura di dedicare un pensiero, un ricordo in pietra, all’inclito Protettore. E così è spuntata sulla piazzetta del Comune, nella severa cornice del vecchio castello, un bel blocco in basaltina di Bagnoregio, davanti al quale si rimane, lì per lì, abbastanza perplessi, perché, per paura di sbagliare, è giocoforza chiedere chi sia quel povero frate dall’aria estremamente dimessa che può essere, poco poco, identificato per un fra’ galdino qualsiasi. Così combinato, non è, a nostro modesto parere, un vero omaggio. Attesa l’immagine della grande personalità di predicatore e agitatore di masse consegnataci dalla storia, questo modesto individuo che appare dalla pietra ci fa anche pena o, al massimo, tenerezza. Con ciò non vogliamo buttare paglia sul fuoco delle polemiche, subito accesesi, che rischia di diventare un incendio. Però ci permettiamo di far osservare che san Bernardino da Siena, sia nella letteratura, come anche nell’arte, ha ormai un profilo indiscutibile e preciso sul quale non si può affatto equivocare. Se si vuol ricrearne l’immagine, bisogna in qualche maniera, minimamente, attenersi all’iconografia, consolidatasi nel tempo, che è il salvacondotto per uscirne alla meno peggio. Che se poi, infine vogliamo essere generosi con il genio e lasciargli le briglia sul collo, ci si consenta di ricordargli che anche san Bernardino era un uomo, e che uomo! e soprattutto un santo, anche con i piedi per terra. Una figura di frate eccezionale – come abbiamo accennato sopra con l’illustre scrittore fiorentino – uno dei più incantevoli, arguti e ardenti santi del Quattrocento. In questo servizio abbiamo voluto allegare, a bella posta, due immagini del Santo, uno di un gran pittore, il Maestro di San Giovanni da Capestrano, e l’altra fresca fresca di Porano, la differenza è evidente e marcata: ognuno la può cogliere da se stesso; nella prima c’è lo sforzo dell’artista di voler dir tutto, anche lo spirito; nella seconda c’è appena la figura poverella di un frate…, che si è smarrito in una piazzetta deserta di paese.

AUTORE: M.P.