Chi era san Francesco? Da figlio di Bernardone a santo. Un itinerario nella misericordia

Francesco d’Assisi: chi era? Una settimana fa abbiamo messo molti punti interrogativi accanto alle descrizioni che di lui sono state date e vengono date ancor oggi. Ma chi era davvero? Chiunque voglia dire qualcosa di lui deve necessariamente attingere alle “Fonti francescane” che proprio in questi mesi sono state pubblicate in una nuova edizione aggiornata. Certo non è facile accostarsi a tale fonti, essendo testi di genere letterario diverso i cui autori hanno ben precise prospettive di lettura. Certamente da privilegiare sono i suoi scritti, a cominciare dal Testamento composto in prossimità della sua morte avvenuta il 4 ottobre 1226. Tuttavia, grazie anche agli studi condotti soprattutto nell’ultimo secolo, è possibile comprendere alcuni elementi caratterizzanti l’esperienza spirituale di Francesco d’Assisi. Innanzitutto Francesco è il figlio di Pietro di Bernardone, ovvero il figlio di un mercante che però voleva sfondare socialmente rivestendo letteralmente i panni dei cavalieri. Proprio per questo decise di andare in Puglia al seguito di un conte, ma a Spoleto incontrò la realtà del mondo cavalleresco e i suoi ideali dovettero fare i conti con la concretezza. Tornato ad Assisi avvenne la sua conversione: secondo quanto lui stesso afferma nel Testamento, decisivo fu l’incontro con i lebbrosi, o meglio ancora il fare misericordia con loro. Misericordia, un termine chiave da lui usato per indicare il passaggio decisivo della sua vita, un termine che rimanda direttamente alla caratteristica peculiare di Dio rivelataci da Gesù. Proprio questa misericordia aprirà Francesco al dolore di tutti gli uomini spingendolo a dedicarsi alla predicazione del Vangelo. Dal momento della sua conversione, ma molto più dall’arrivo dei compagni, egli diventa frate Francesco, ovvero fratello tra fratelli perché figli dell’unico Padre. Tale fraternità si estenderà sempre più fino a coinvolgere anche delle sorelle, Chiara e la nascente comunità di San Damiano, ma anche le stesse creature, come canterà nel cantico a loro dedicato. Paternità di Dio significa riconoscere che tutto è dono suo, di Lui che è “il bene, il sommo, l’unico bene”. La beatitudine è nel riconoscimento di tale dono che genera la gratitudine, ovvero il rendimento di grazie. Se questa è la vita che scaturisce dal Vangelo, il peccato per frate Francesco è appropriarsi dei beni del Signore. In questo caso l’uomo è un ladro e non usa dei beni nell’amore restituendoli a Dio. La santità, ovvero la vita nello Spirito santo, per frate Francesco è restituire al Padre tutti i doni ricevuti mettendoli a servizio dei fratelli nella misericordia. Un itinerario d’amore è quello che Francesco propone, dalla gratitudine alla gratuità, in un circolo che è riflesso dell’amore trinitario. L’espressione massima di tutto ciò per Francesco è l’Eucarestia, luogo in cui è possibile vedere corporalmente il pane e il vino consacrato e credere mediante la fede nel corpo e sangue di Cristo. Vedere e credere, un binomio indissolubile per frate Francesco; non c’è l’opposizione tra il vedere e il credere, e il secondo non rinuncia al primo, ma lo porta a compimento vedendo oltre, o meglio vedendo di più. Come si può vedere ciò che caratterizza la vita di frate Francesco è il Vangelo di Gesù Cristo e se non si vuole fargli violenza, ma rispettare la sua persona, è importante riconoscere e studiare la sua vicenda con le categorie da lui stesso indicate ovvero quelle dell’esperienza cristiana.

AUTORE: Pietro Messa