Chi va alla Caritas cerca aiuto perché solo, senza lavoro o casa. E le donne denunciano violenza

Povertà assoluta non significa solo non avere soldi. Lo si è detto oggi alla presentazione del Terzo rapporto sulle povertà. Significa anche non avere lavoro né casa per sostenere la propria famiglia, significa non avere un titolo di studio, signifca anche essere malati e non avere familiari o amici su cui contare. Si può essere poveri in modi diversi. E se si è italiani è più facile che la povertà ci colpisca quando siamo anziani e soli anche abbiamo la casa di proprietà, mentre se siamo stranieri è più facile che la povertà colpisca tutta la nostra famiglia perché non troviamo lavoro nè casa.

La descrizione, articolata, emerge dalle 56 pagine, 31 tabelle e grafici del Terzo Rapporto sulla povertà nell’Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve dal titolo: “Contrasto alla povertà. L’impegno della Caritas”. Numeri, dunque, che dicono di situazioni reali del nostro territorio perché si tratta di dati raccolti nelle schede compilate al Centro d’ascolto diocesano Caritas (il progetto è raccogliere anche i dati dei Centri d’ascolto parrocchiali) con le persone che si sono rivolte al Centro stesso nell’anno 2017. Un dato su tutti: in Umbria la povertà assoluta è tre volte più alta rispetto alle altre regioni del Centro Italia e la “povertà emergente”, la solitudine, è sempre più diffusa tra gli italiani.

Violenza sulle donne. E seppure ampio, il Rapporto, curato dall’Osservatorio sulle povertà e l’inclusione sociale della Caritas diocesana, presentato a Perugia oggi venerdì 21 settembre, dall’economista Pierluigi Maria Grasselli, direttore dell’Osservatorio, non esaurisce la descrizione delle necessità e delle richieste di aiuto che si presentano alla Caritas. Lo racconta il direttore della Caritas diocesana, il diacono Giancarlo Pecetti, che evidenzia come sia una novità il crescente numero di donne che si presentano denunciando di subire violenze in famiglia o di essere minacciate di morte. Almeno 5 casi da inizio anno, quando prima accadeva di rado. Sono soprattutto italiane e i compagni o mariti hanno quasi sempre a che fare con droga, alcol o gioco d’azzardo. È la povertà di famiglie disgregate.

Stranieri in regola. Una sottolineatura è stata fatta sugli stranieri che si rivolgono al centro d’ascolto: per la gran parte sono in Italia da più anni con regolare permeso di soggiorno e spesso sono sposati ed hanno figli e la loro necessità più pressante è quella di poter lavorare e di poter avere una casa. Capita che si presentino al Centro anche degli irregolari (con i documenti scaduti o senza documenti) ma queste situazioni, ha sottolineato Pecetti, “sono destinate ad aumentare perché il Governo non ha fatto e non fa una politica che non sia quella di mandarli via. Ma questo riuscirà solo per una piccola parte. Tutti gli altri saranno condannati all’illegalità?”.

Chiesa povera. Mons. Saulo Scarabattoli, vicario episcopale della Prima Zona pastorale, ogni mattina in parrocchia offre la colazione a dei “barboni” con i prodotti offerti da bar e negozi della zona. Ha ricordato la “scelta preferenziale” dei poveri fatta dai Padri del Concilio Vaticano II e riproposta da Papa Bergoglio come linea del suo pontificato espressa nella stessa scelta del nome del “Poverello di Assisi” san Francesco.

I dati del Rapporto sulle povertà

La prima parte del rapporto è dedicata a “La povertà incontrata nel Centro di ascolto diocesano”; mentre la seconda tratta “Un orizzonte più ampio” con una “Prima analisi dei dati di una molteplicità di Centri di ascolto parrocchiali”, comprendente delle storie di vita di persone che si sono recate in Caritas per ricevere aiuto.

Il Rapporto riguarda i dati 2017 del Centro ascolto diocesano, offrendo un’analisi delle “caratteristiche personali e familiari” delle persone che si sono rivolte al Centro: cittadinanza, classi di età, stato civile, nucleo di convivenza, tipo di abitazione, livello di istruzione e condizione occupazionale. Il Rapporto si sofferma sulla “domanda” dovuta a “una molteplicità di bisogni” e sulla relativa “risposta-azione della Caritas”. Dallo studio emerge l’“importanza economica e sociale del contrasto alla disuguaglianza e alla povertà” e l’“inefficacia delle politiche assistenziali in Italia e l’istituzione del REI”. Riguardo al Reddito di Inclusione (REI), nel Rapporto, attraverso le “indicazioni sulla prima attuazione del REI”, vengono evidenziate le “condizioni per un suo potenziamento”, oltre a suggerire quale “impegno del Governo locale e di Caritas contro disuguaglianza e povertà”.

Qui la sintesi del Terzo Rapporto curata dal direttore dell’Osservatorio il prof. Pierluigi Grasselli.