Ci vorrebbe un miracolo

Non sappiamo se per Pasqua risorge un nuovo governo. Diciamo risorge e nuovo perché un governo comunque c’è. Si sa che è limitato alla normale funzionalità dello Stato e non può andare oltre i limiti stabiliti dal precedente parlamento che a suo tempo gli ha dato la fiducia e poi gliel’ha ritirata. A ben pensarci i cittadini potrebbero accontentarsi di una normale amministrazione.
Il fatto è che questa non è normale. Anzi, è proprio scombinata, basti pensare ai due marò rinviati in India. In verità non ho ben capito se ha ragione chi non voleva rinviarli o chi li ha rimandati. Questioni internazionali o di buon senso? Ma poi, che la normale amministrazione non sia proprio tale, si avverte dalle critiche di cui è oggetto da parte di tutti o quasi.
Senza entrare nei dettagli della situazione politica mi preme rilevare il clima generale di sfiducia, di pesantezza dei giudizi, di difficoltà a ragionamenti non urlati, ma ponderati discussioni in cui vi sia il rispetto delle regole della logica e delle persone e non lo scambio di epiteti offensivi e il turpiloquio.
Insomma la politica “pasquale” è per un verso vicina alla turba ammaestrata che gridava nel pretorio dove sedeva Pilato, quello che si domandava cosa fosse la verità e per un altro verso simile a quei saggi che si tennero lontani e rimasero silenziosi a guardare in attesa degli eventi. Sbagliano anche questi che formano la massa silenziosa dei dissenzienti passivi i quali, a loro discolpa, hanno la consapevolezza di essere umani e non eroi o santi o profeti. Lo diceva un intellettuale contemporaneo: quando una società ha bisogno di eroi vuol dire che si trova in una situazione patologica. Oggi oltre che eroi ci vogliono miracoli, per dare una seria prospettiva di speranza.
Noi crediamo ai miracoli. Nulla è impossibile a Dio. Cristo è morto e risorto per tutti, anche per quei popoli che oggi rasentano la bancarotta economica e il disfacimento sociale e politico.
Bergoglio, prima di essere eletto papa, parlando della Chiesa ha detto che se si ripiega su se stessa e diviene autoreferenziale si ammala, come la donna curva su se stessa del Vangelo. Questa immagine pare adatta e attuale riferita ad alcune nazioni, ripiegate su se stesse, prive di risorse economiche e morali, senza energie vitali, prospettive e speranze di futuro per i giovani. Seguendo le informazioni in questi giorni si rischia di diventare pessimisti e di dire “speravamo” come i discepoli di Emmaus. Purtroppo.
Tra le cose tristi e sconcertanti che ho letto oggi in un giornale a proposito del funzionamento della giustizia (si trattava della revisione del processo a Amanda Nox e a Raffaele Sollecito per l’assassinio di Meredith Kercher) ho notato la seguente affermazione: “Andare sotto processo nel nostro Paese è come sdraiarsi sul lettino di un chirurgo cieco”.
A mio avviso questo modo di parlare e di scrivere vuol dire distruggere la fiducia non solo nelle istituzioni, ma nella stessa persona umana. Ridurre le valutazioni a schematismi prefissati, secondo categorie ideologiche e lasciarsi andare a sfoghi di odio e disprezzo è una dimissione dalla propria responsabilità e dignità umana. Quando il clima è cosi arroventato da passioni irrefrenabili, e le coordinate morali sono del tutto liquefatte, quando le persone sono stordite da droghe sofisticate e a buon mercato, cosa ci si deve aspettare di buono?
Il miracolo! Ma a questa generazione non sarà dato altro segno se non quello di Giona. Chi non sa quale segno sia lo vada a leggere nella Bibbia: il libro di Giona. È più breve di un articolo di commento ad una partita di calcio. A proposito: e il calcio? Buona Pasqua. Di cuore.

AUTORE: Elio Bromuri