Come da una morìa di cavalli nacque il Piatto di Sant’Antonio

Una festa all'insegna della beneficenza ai "più poveri" e dell' allegria

L’anacoreta Antonio prega e fa penitenza nel deserto egiziano. Non immagina di essere un giorno proclamato santo, di ricevere una investitura come protettore degli animali, non immagina neppure che in un tempo molto lontano dalla sua morte (356 d.C.) sarebbe diventato un “protagonista” nella terra di san Francesco e di santa Chiara. Gli abitanti di un agglomerato di dimore, sorte prima intorno alla Porziuncola e successivamente intorno alla basilica che protegge la stessa, avrebbero coltivato e alimentato il culto dell’eremita in S. Maria degli Angeli e nel territorio circostante. La Compagnia di S. Antonio abate già nel ‘600 provvedeva a distribuire un pasto gratuito ai poveri del paese. Agli albori della seconda metà dell’800 una morìa di cavalli – destinati alle diligenze che da Roma si recavano a Firenze – cessata per intercessione di Sant’Antonio, consolidò la venerazione nei confronti del suddetto ed incrementò la distribuzione di pranzi ai poveri. Questa è in breve e con approssimazione l’origine della festa del Piatto. Chi desiderasse ulteriori e precise notizie può consultare la monografia di Giovanni Zavarella “Un piatto all’ombra del Cupolone” ed altri contributi. La festa in questione si è via via arricchita e prolungata; è stata sottoposta a modifiche, ma ha conservato comunque l’ispirazione originaria. Ancora oggi infatti viene offerto un pasto frugale e sostanzioso a quanti risultano “poveri”, nell’accezione contemporanea che non identifica affatto la povertà con la sola miseria materiale: gesto simbolico che vuole indicare la direttrice della solidarietà imprimendo un impulso contro l’indifferenza. Tutti gli altri possono consumare il tradizionale “piatto” (in vari punti di ristoro e non più in un solo ritrovo) ad un prezzo stracciato che in spirito di servizio viene integrato dalla prioranza in carica. La festa si distingue per una connotazione religiosa e devozionale; per una marcata impronta folcloristica e un vivace aspetto ricreativo. Intrattenimenti musicali e teatrali, mostre di pittura e fotografia, esibizioni varie fanno da cornice alla celebrazione religiosa incentrata sulla Messa di mezza mattina, seguita dalla processione, dalla benedizione degli animali e dalla distribuzione del pane. Molti “angelani” per l’occasione tornano anche da luoghi lontani dalla terra d’origine, incontrano parenti e amici, stringono nuove conoscenze. Questo “ritrovarsi” costituisce un elemento essenziale in una fase ovunque contraddistinta dalla tendenza al reciproco disconoscimento o alla chiusura nel gruppo ristretto e inviolabile. La crescita della festa poggia senza dubbio sulla continuità di un fondamento religioso e devozionale, continuità favorita dalla famiglia francescana e dalla parrocchia, ed inoltre supportata dal meccanismo dei priori entranti-serventi-uscenti, nonché dalle inizative promosse dalla “Associazione Priori del Piatto di S. Antonio abate”, organismo che aggrega tutte le prioranze succedutesi negli anni, presieduto da Gabriele Del Piccolo. Il peso dell’organizzazione è ricaduto in questa ultima edizione sul priore “maggiore” Paolo Tardioli e sugli altri priori serventi: Lanfranco Aisa, Oliviero Brufani, Paolo Cappucci, Marco Carloni, Giulio Cioccoloni, Antonello Fagotti, Giovanni Filippucci, Massimo Migliosi, Andrea Pulcinelli, Lanfranco Tarpanelli, Leonello Trippetta: tutti impegnati per la riuscita della manifestazione iniziata sabato 13 e conclusasi domenica 21 gennaio. In una giornata serena ed anche mite un grande afflusso di popolo ha coronato intenzioni e sforzi, confermando il coinvolgimento di una comunità non solo di matrice locale ma di carattere territoriale. Per la prima volta la processione è stata aperta dalla fanfara dei Carabinieri a cavallo, presente anche una rappresentanza della Polizia di Stato a cavallo. La statua di S. Antonio abate, secondo un’usanza recuperata, è stata portata a spalla da quattro portantini scambiatisi in tre turni. Nel pomeriggio la gente, dopo la degustazione del “piatto”, ha assistito con trasporto alla competizione dei cani da slitta svoltasi lungo un percorso predisposto. Una rappresentazione teatrale è stata curata dalla scuola elementare “Patrono d’Italia”. A tarda sera, lo spettacolo musicale animato da Francesco Starnini e dalla cantante MariaGiò e successivamente l’estrazione della lotteria hanno concluso i festeggiamenti. Ecco quanto ci ha dichiarato il priore “maggiore” Paolo Tardioli, responsabile della prioranza servente del 2001: Abbiamo semplificato la festa ponendo attenzione alla parte organizzativa e al ruolo della beneficenza. Le novità vanno perseguite accanto però ad un ripristino delle tradizioni più radicate. La gente sembra accettare con soddisfazione lo smistamento nei vari ristoranti, appena da qualche anno iniziato, per non dire che il metodo crea competizione e dunque migliora la qualità dello stesso “piatto”. Stupisce il fatto che da una morìa di cavalli sia scaturita una festa impregnata sostanzialmente di sana allegria. Si tratta forse di un altro miracolo di Sant’Antonio abate, vissuto tanti secoli prima di san Francesco che amava il creato e tra le creature circondava di affetto anche gli animali.

AUTORE: Francesco Frascarelli