Come reagire al declino dell’economia

Nuovo rapporto Aur sull’Umbria

“Non ci si può arrendere all’idea della inevitabilità del declino. Accendiamo la luce sui punti di forza dell’Umbria”. Quella della governatrice Catiuscia Marini è stata quasi una reazione a ore di analisi e dati esposti in una sala dei Notari gremita in occasione della presentazione del rapporto economico e sociale 2010-2011 dell’Aur, Agenzia Umbria ricerche, dal titolo L’Umbria tra crisi e nuova globalizzazione: scenari, caratteri e tendenze. Dati tutti negativi: cresce la disoccupazione, che colpisce soprattuto donne e giovani, le aziende sono in difficoltà, è sempre più difficile e più costoso avere prestiti dalle banche, le famiglie umbre stanno stringendo la cinghia ed i soldi non bastano più per arrivare alla fine del mese. “Viviamo tempi difficilissimi, i più difficili dal dopoguerra, ed il primo effetto di questa fase storica in cui l’economia, la finanza, entrano prepotentemente nella nostra vita in modo così esplicito, come mai prima, è la straordinaria incertezza” ha detto il sindaco di Perugia e presidente dell’Associazione umbra dei Comuni Wladimiro Boccali. Per il futuro, nelle oltre 600 pagine del voluminoso Rapporto – pieno di tabelle e grafici, compilato da ricercatori, economisti e docenti universitari – si delinenano vari scenari e strategie per superare una crisi che per tutti sarà ancora lunga. “L’Umbria è entrata, da tempo, in un processo di trasformazioni che impongono interrogativi sulla prospettiva ben più complessi del passato” ha detto il presidente dell’Aur, Caudio Carnieri, aprendo i lavori, ma “la crisi attuale è anche una grande opportunità”. “Questo – per la presidente Marini – è il tempo per maggiori politiche pubbliche che sappiano spingere verso un nuovo modello produttivo. Archiviamo l’idea – ha detto – di un consumo che alimenta consumi. Serve un modello produttivo più avanzato, e in grado di favorire la crescita soprattutto di aziende in grado di essere competitive sui mercati globali grazie alla ricerca ed alla innovazione”. La Presidente si è quindi soffermata su alcuni degli aspetti dell’economia umbra che occorre migliorare, a partire dalla struttura del mercato del lavoro che, se negli anni scorsi è cresciuta, lo ha fatto però favorendo una occupazione precaria che la crisi ha spazzato via, penalizzando così soprattutto giovani e donne. “È su questi segmenti del mercato del lavoro – ha detto – che dobbiamo ora intervenire, perché sono quelli che gli stessi economisti ci dicono essere quelli trainanti per la ripresa”. Così come il sistema del credito deve saper superare la sua storica e cronica scarsa propensione al sostegno di attività produttive innovative. “Insomma, attori pubblici e privati, tutti insieme – ha concluso la Marini – dobbiamo cercare di trasformare quella ‘medietà statica’ del nostro sistema economico, che emerge dal rapporto dell’Aur, in ‘medietà dinamica’, che sia oltretutto in grado anche di rafforzare la stessa coesione sociale che la crisi sta mettendo a rischio nella nostra regione e che deve invece tornare ad essere linfa vitale per il nostro sistema delle imprese, e quindi per la crescita di tutta l’economia umbra”. Il rapporto Aur in estrema sintesi“La visione dell’Umbria nel contesto nazionale ed europeo in termini di competitività ripropone la classica medianità entro la quale la nostra regione sembra ormai imprigionata”. Per Elisabetta Tondini, dell’Aur, “l’Umbria, che può vantare i tassi di istruzione tra i più elevati d’Italia – che rimangono perlopiù inutilizzati per una insufficiente domanda da parte delle imprese – appare minata da una medianità, espressione di una condizione di modestia”. “In una regione che vede ampliarsi il gap di produttività rispetto alla media nazionale – scrive il prof. Sergio Sacchi dell’Università di Perugia – le piccole e medie aziende dell’Umbria, con scarse capacità di investimento in risorse umane, tecnologia, marketing ed altri servizi innovativi, devono creare aggregazioni e reti per operare sui mercati internazionali”. La politica e le associazioni di categoria devono promuovere e sostenere queste esperienze ancora troppo limitate. L’Italia, e quindi anche l’Umbria, “è un paese strutturalmente poco competitivo sulla frontiera dell’high tech, della ricerca e della innovazione” dice Luca Ferrucci, docente dell’ateneo perugino. Le università – sostiene – devono essere “il locomotore” e non il “vagone di coda” per uno sviluppo economico innovativo. “Bisogna fare decollare anche in Umbria – scrive Ferrucci – uno sciame di nuove imprese fatte da giovani ricercatori che operano in ambiti scientifici avanzati. Occore stimolare e supportare questa loro voglia di fare impresa con incubatori e servizi di consulenza, anche con la cooperazione delle associazioni di categoria e degli imprenditori”. L’economia umbra – rileva il prof. Loris Nadotti, docente universitario a Perugia – si caratterizza per un tessuto di piccole e medie imprese in molti casi a carattere familiare, per le quali è sempre stato vitale il credito bancario, che in questo difficile momento è diventato più caro e più difficile ad ottenere. Difficoltà che possono essere alleviate da organismi collettivi di garanzia fidi come consorzi e cooperative, per i quali è fondamentale il sostegno degli enti locali e delle associazioni di categoria”. Sul fronte della ricerca e dell’innovazione ci sono ritardi e contraddizioni. Nella pubblica amministrazione dell’Umbria l’informatizzazione è sostanzialmente compiuta – sottolinea Mauro Casavecchia dell’Aur – ma mancano le professionalità, ci sono resistenze culturali e carenze organizzative per sfruttarla a pieno. Una situazione analoga c’è anche in molte aziende private con dotazioni tecnologiche di avanguardia, che però hanno una utilizzazione limitata. La crisi – osserva il sociologo Paolo Montesperelli dell’Università La Sapienza di Roma – è talmente profonda che prossimamente assisteremo a cambiamenti significativi sia nella quantità che nella qualità dei consumi. “Il consumismo è consumato?” si è chiesto. “Se anche non fossero proprio questi gli esiti delle tendenze in atto – secondo Montesperelli – certamente ci aspettano comunque profondi mutamenti”. Uno è già avvenuto: il consumatore è diventato più competente negli acquisti, più attento nelle sue scelte tra “necessario e superfluo”.

AUTORE: Enzo Ferrini