Con Leone sotto l’ombrellone

p align=”justify”Buone vacanze.”Abat jour” stavolta è in bermuda. Agostano/vacanziero come si conviene. In bermuda, ma in compagnia -niente meno!- di Leone XIII. Tre storielle che chiedono appena un sorriso. Le ho sentite dalla bocca di un distinto signore, ex sindaco di Carpineto Romano, paese d’origine di Leone XIII. Prima storiella. Un pittore inglese aveva brigato per anni per poter ritrarre dal vivo Papa Leone. Il quale sapeva bene di non essere un Adone, ma quando, al termine di lunghe e noiose ore di posa, vide come l’aveva imbruttito il pittore venuto dalla perfida Albione, ci rimase molto male. Ma a quello mica gli bastava. Insisteva: “Santità, mi suggerisca un versetto del Vangelo, da scrivere qui in basso, a destra!”. Il volto del Papa fissava l’impudente, incerto fra sorpresa e scoramento: ma come!!, m’hai ridotto uno sgorbio, e vuoi anche… E va bene. Bene. Scrivi. “Non temete, sono io!!”. Seconda storiella. Il Padre francescano che quell’anno, ovviamente in latino, predicava gli esercizi spirituali alla Casa Pontificia, intendeva prendere le mosse da un “fioretto” di san Bernardino da Siena, accaduto in quel di Pescia. “Piscia, Beatissime Pater,…”. Sgomento, un fulmine. Silenzio, sgomento. Un paio di giovani monsignori maliziosetti ridacchiarono appena, ricordandosi l’un l’altro, sottecchi, che in curia, ufficialmente con l’intento di rallegrarsi della grande lucidità mentale della quale il vecchio Papa si dimostrava ancora in possesso, si diceva che il suo problema non era la menzione, ma la minzione, hi, hi!! Gli altri monsignori rimasero a bocca aperta, come pesci nel canestro. Il predicatore avvertì l’impasse e si bloccò. Voleva dire: “Pescia, Santo Padre, è una città eccetera eccetera…”; ma, ahimé, lui era l’unico a non sapere che il Papa soffriva di prostata. Motu proprio Papa Leone riattivò gli esercizi spirituali, congiungendo le mani e alzando gli occhi al cielo: “Utinam, dilectissime fili!”. Per gli indotti e gli immemori: “Utinam” sui banchi del nostro vecchio ginnasio voleva dire “Volesse il cielo”, ma va bene anche “Magari!”. Terza storiella. Quando Leone fu in punto di morte il suo segretario, secondo gli accordi presi a suo tempo, si sentì obbligato a dirglielo. In latino, naturalmente. Si chinò dunque all’orecchio del Papa morente: “Beatissime Pater, oportet moriri!”. Alzi la mano chi tra tutti noi almeno una volta non ha dimenticato che in latino esistono dei verbi in “io” della terza coniugazione, e non alla quarta; e dei deponenti in “ior” della terza coniugazione, e non della quarta. “Oportet moriri”. Leone aveva amato molto il latino, lo feriva quell’ultimo insulto alla sua grammatica. Molto. Un soffio, dunque, appena un soffio: “Sufficit mori”. Buone vacanze.