Corpo di Cristo siamo anche noi

Commento alla liturgia della Domenica a cura di Bruno Pennacchini Santissimo Corpo e sangue di Cristo - anno A

Nella festa del Corpus Domini, la liturgia celebra quell’avvenimento che il mondo non può credere: la presenza reale di Dio fra gli uomini. Dio è presente nel mondo in mille modi. San Paolo, parlando agli intellettuali ateniesi, radunati sull’areopago, disse: “In lui viviamo, ci muoviamo, e siamo” (At 17,28). L’eucaristica tuttavia rende tale presenza talmente “concreta” da potercene perfino cibare. Sant’Agostino, in quella straordinaria autobiografia che sono le Confessioni, prova a descrivere il momento della svolta decisiva della propria vita. Tra l’altra scrive: “Cresci – sentì come una voce dall’alto che gli diceva – e mi mangerai; ma non mi trasformerai in te, come avviene con il cibo della tua carne, ma tu sarai trasformato in me” (Conf. VII,16).

L’ascolto delle tre letture della messa ci condurrà al cuore di quella misteriosa pienezza. La prima lettura ruota attorno ad una parola-chiave: “manna”, simbolo di tutto il nutrimento provvidenziale con cui Dio sostentò il popolo che aveva tratto con potenza dalla schiavitù dell’Egitto. Il libro dell’Esodo parla di un cammino di quarant’anni, pari a due generazioni, durante le quali Dio educò il popolo, insegnandogli due cose fondamentali: conoscere la realtà di se stessi e sperimentare che Dio agisce come un saggio pedagogo. Ha fatto provare loro la fame, ma non ha lasciato che ne morissero, anzi li ha nutriti di manna, cibo sconosciuto a loro e ai loro padri. Ugualmente con la sete, con la malattia e gli incidenti della marcia nel deserto.

Tutto avveniva in modo inaspettato e insospettabile. Profezia di un’altra manna, cibo incorruttibile, con cui Gesù condurrà nei secoli la Chiesa; e profezia di come Dio educa noi, alternando sapientemente disagio e gratificazione; nella stessa maniera, ogni genitore saggio fa con suo figlio. La seconda lettura è formata da due soli versetti della Prima lettera ai Corinzi di san Paolo apostolo. La parola “comunione” vi compare due volte. Parola che ci rimanda al sacramento a cui molti di noi partecipano spesso. Paolo mette in relazione il calice e il pane con il sangue ed il corpo di Cristo; e l’uno e l’altro con noi, che siamo un solo corpo in Lui. Ossia: il vino e il pane consacrati sono corpo e sangue del Signore; e noi, l’assemblea dei credenti in Gesù, siamo il suo Corpo.

Pensavo: quando andiamo alla comunione, il celebrante ci presenta l’ostia consacrata e dichiara autorevolmente: “Corpo di Cristo!”. Noi rispondiamo: “Amen”, ossia è certo, lo confermo, ne sono convinto. Ma se lo stesso celebrante, anziché presentarci l’ostia consacrata, ci indicasse l’assemblea, dichiarando con uguale autorevolezza: “Corpo di Cristo!”, risponderemmo “Amen” con uguale convinzione? Sinceramente mi rimane qualche dubbio. Eppure per Paolo c’è equivalenza fra il pane eucaristico, il Corpo di Cristo e la Chiesa. I tre sono dinamicamente collegati: attraverso il mistero eucaristico si realizza e vive il mistero della Chiesa, che è il corpo di Cristo.

Lo Spirito santo circola in tutto il corpo come soffio che tutto vivifica: il Capo, che è Cristo, e le membra, che siamo noi. (Ricordiamo le parole della liturgia di Pentecoste: “Lo Spirito del Signore riempie l’universo”). Quando comunicano al pane e al vino, i fedeli diventano Corpo di Cristo, cioè Chiesa. Paolo ribadisce con forza questa certezza, un poco più avanti nella stessa lettera (1 Cor 11,17-29), quando rimprovera violentemente i cristiani di quella città, perché nello loro assemblee si fanno discriminazioni tra chi è benestante e chi è povero. E conclude che chi mangia il pane e beve al calice del Signore indegnamente, ossia disconoscendo le esigenze di fraternità, di solidarietà, che comporta il ricevere il Corpo di Cristo, “mangia e beve la propria condanna”; entra cioè, in contraddizione con se stesso. Se, infatti, uno è il Corpo di Cristo/eucaristia, uno deve anche essere il Corpo di Cristo/assemblea cristiana.

Il Vangelo secondo Giovanni (Gv 6,51-58) sottolinea l’altro aspetto dell’eucaristia: il nutrimento. Gesù è esplicito “Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita”. I due temi sono inseparabili: la comunione fraterna e il nutrimento spirituale. Ad analogia con il nutrimento quotidiano che ci permette di vivere fisicamente, il Corpo di Cristo, ricevuto nell’eucaristia, ci dà un supplemento di vita. Quando ci comunichiamo si compie in noi l’unione fra Dio e l’uomo; siamo quindi responsabili, in certo senso, della presenza di Dio nel mondo. E si compie anche l’unione dei credenti in Gesù Cristo.

AUTORE: Bruno Pennacchini Esegeta, già docente all'Ita di Assisi