Cosa fare per impedire la violenza in famiglia

Mons. Gualtiero Bassetti

Recenti fatti di cronaca, sia a livello locale che nazionale, riportano alla nostra attenzione un vasto fenomeno di malessere sociale e di degrado: la violenza domestica. Ogni anno in Italia vengono uccise dai loro partner (mariti, fidanzati o “ex”) circa 170 donne: più o meno il doppio degli omicidi mafiosi. Tra il 2004 e il 2008, inoltre, sono stati 113 i figli uccisi dai propri genitori. In media 22 casi l’anno. I dati sono sconcertanti non solo per la loro enormità e gravità, ma anche per non essere che la punta di un iceberg enormemente più vasto: sono, infatti, centinaia di migliaia, nel nostro Paese, le donne e i bambini maltrattati, violati e costretti a vivere nella paura. La dinamica che soggiace alla violenza fisica e sessuale è da riferire a quell’invincibile abitudine al dominio che non ha nulla a che fare con l’incapacità di controllare gli impulsi. La violenza all’interno del nucleo familiare rende impossibile l’autentica relazionalità interpersonale e crea pertanto una situazione in assoluta contraddizione con il matrimonio e – nel caso di battezzati – con la sua sacramentalità. Le relazioni di coppia e familiari improntate al dominio dell’uomo sulla donna e sui figli rendono vana la possibilità stessa per la famiglia di accogliere e trasmettere autenticamente il Vangelo. Gesù, infatti, invita ad un radicale abbandono di tutte le relazioni di prevaricazione e alla loro conversione sulla base dell’esempio di lui che sta in mezzo a noi come colui che serve (cf Lc 22,27). La violenza all’interno del nucleo familiare rende l’esperienza familiare devastante ai fini dell’educazione dei figli e della trasmissione della fede. Di fronte ad un tale fenomeno che ha provocato e provoca ogni giorno lutti e sofferenze inaudite, come Vescovo, mi sento in dovere di offrire qualche suggerimento pastorale. L’intervento dei parroci e degli uffici pastorali nei casi di violenza domestica ha come primo obiettivo la salvaguardia e la tutela delle vittime. Esse si garantiscono evitando la coabitazione del soggetto violento con gli altri membri del nucleo familiare e con la denuncia alle pubbliche autorità.

L’obiettivo di “salvare il matrimonio” e ristabilire la coabitazione potrà ragionevolmente essere perseguito solo al termine di un percorso di ristrutturazione dei meccanismi di convivenza familiare. D’altro canto la separazione dal soggetto violento, postulata dalla necessità di tutelare le vittime, è anche il primo necessario passo in vista dello stabilimento di quelle condizioni che rendono possibile la convivenza umana fra congiunti. La violenza domestica, per sua natura, è occulta e normalmente si perpetua solo se rimane tale. A questo proposito è importante che nell’azione pastorale a tutti i livelli (catechesi, predicazione, pastorale di settore, movimenti e associazioni) il fenomeno sia presentato con completezza e siano presentate le vie d’uscita. È essenziale, inoltre, che chiunque negli ambienti della Chiesa accolga la confidenza da parte di chi subisce violenza sappia indicare che la legge italiana protegge le vittime e che esistono centri anti-violenza. I cattolici, specialmente coloro in possesso di competenze adatte, devono essere incoraggiati ad impegnarsi nei centri anti-violenza o a costituirne di nuovi là dove essi non ci sono. L’annuncio del Vangelo di Gesù è annuncio di liberazione dalle situazioni di oppressione e di violenza. Annuncio che la Chiesa porge tanto più credibilmente quanto più si impegna nella solidarietà e nella vicinanza concrete.

AUTORE: † Gualtiero Bassetti Arcivescovo di Perugia-Città della Pieve

1 COMMENT

  1. Bellissimo e rassicurante quanto leggo ma si deve sapere che i centri antiviolenza municipali gestiti dalle cooperative aiuto ben poco. Inoltre in presenza di figli, anche se non vi è vincolo matrimoniale tra i genitori, i giudici mirano pur sempre ad applicare senza discrimine l’affido condiviso ad entrambi i genitori, ritenendo i fatti di aggressione delle normali liti tra ex definibili “conflittuali”. Sicchè la vittima delle aggressioni si trova costretta ad accettare il relazionarsi con l’aggressore pena la deportazione dei figli in comunità o strutture.
    E’ bene che anche la Chiesa si faccia promotrice di un messaggio razionale a tutela dei minori e dei genitori vittime di violenza contrastando la recente tendenza giudiziale che fuori esce da ogni logica e buon senso.
    Grazie!
    Ale

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