Da un secolo sono ‘sorelle’ delle detenute

Perugia. Le suore del carcere saranno iscritte nell'Albo d'oro della città

‘Era una ragazza di circa 16-17 anni, non sapeva quando era nata. Spesso veniva arrestata per piccoli furti. Dopo tantissime volte, giunse di notte a via Torcoletti: era in attesa di un bambino. La ragazza non si rendeva conto di quanto avveniva in lei, e così le suore dovettero impegnarsi a preparare quanto occorreva per l’evento…’. È uno dei tanti episodi raccontati nel libro Da Torcoletti a Capanne. Un secolo di presenza delle suore tra le carcerate di Perugia, a cura del cappellano don Saulo Scarabattoli, pubblicato a cura della Provincia di Perugia. Il libro verrà presentato lunedì 23 giugno, alle ore 17, in sala del Consiglio al palazzo della Provincia. E non solo: il 20 giugno, in sala dei Notari a mezzogiorno, in occasione della cerimonia d’iscrizione all’Albo d’oro della città, il titolo di merito verrà conferito anche a loro, le ‘suore del carcere’. Via Torcoletti, in centro storico, era la sede del carcere femminile, prima dell’apertura del complesso di Capanne nel 2005. E lì, all’interno della stessa casa di reclusione, per oltre ottant’anni – dal 1908 al 1992 – è stata presente una comunità di religiose che con le detenute condividevano perfino le mura ‘domestiche’. Erano note come suore del Patrocinio di san Giuseppe, anche se il loro nome ufficiale è Suore di Gesù Redentore: lo hanno ‘riacquisito’ adesso che la loro comunità non sta più dentro il carcere ma nella linda casetta della zona Elce. Naturalmente, il loro servizio continua, facendo avanti e indietro da Capanne per qualche ora ogni giorno. ‘Ho svolto anche l’apostolato dell’insegnamento di canto corale, ricamo, cucito, eccetera’ ricorda suor Manfredina, che segue le recluse dal 1939, da quasi settant’anni! ‘Le feste erano celebrate con solennità – prosegue. – Alle volte, venivano invitati amici concertisti per fare in modo che la fede si potesse esprimere con maggior fervore. Il rapporto di noi suore con le detenute è sempre stato semplice e fraterno’. Con la legge del 1990, non è più stato possibile che delle religiose avessero una comunità poprio all’interno delle mura circondariali. È nata la Polizia carceria, e pian piano ai veli delle suore si sono sostituite le uniformi delle agenti del servizio di custodia. Oggi le suore, oltre ad assistere spiritualmente le recluse di Capanne, ospitano nella loro sede dell’Elce le detenute che usufruiscono di misure alternative o permessi premio, soprattutto quando si tratta di straniere senza punti di riferimento. Però, se nelle carceri italiane, nonostante tutti i problemi, non regna un’atmosfera esasperata come in altri Paesi del mondo, parte del merito è anche di questi ‘angeli’ con il velo in testa.

AUTORE: Dario Rivarossa