Dal tunnel si può uscire. Ma solo se…

Tossicodipendenza: interviene don Trani del Ceis

L’intervista al procuratore generale della Repubblica Nicola Miriano (vedi La Voce n. 19) non è passata inosservata al direttore del Ceis di Città di Castello, don Paolino Trani. Miriano è un magistrato, ha affrontato la questione dal punto di vista dell’ordine pubblico, che è un senza dubbio un problema connesso al mondo della droga, ma ha puntato l’attenzione anche sulla prevenzione. Da qui partiamo con don Trani che nella sua ventennale esperienza al Ceis ha conosciuto tantissimi giovani che sono stati vittima della droga.

Don Paolino, come si risolve il problema della droga? “Credo che la droga sia in qualche modo un simbolo di quello che stiamo vivendo nella realtà sociale: il simbolo del denaro, che condiziona la convivenza tra le persone, a volte in maniera totalizzante. Siamo immersi in un individualismo indotto da questo modello spietato che ti fa credere che le cose materiale, fra le quali anche la droga, ti possano dare la felicità. L’individualismo è il contrario della solidarietà. Il nostro impegno all’interno delle comunità è quello di aiutare i ragazzi ad avere il senso della comunità, appunto, della solidarietà e dell’aiuto reciproco”.

Se è così, abbiamo perso tutti il significato della felicità? “Più volte ho ribadito che i tossicodipendenti vivono in maniera amplificata i problemi di tutti. La felicità si raggiunge attraverso la fatica, uno sforzo, un impegno, un progetto. Ma le nuove generazioni appartengono al modo di vivere del ‘tutto e subito’, fanno a meno della fatica e di un progetto. Se felicità è dire troppo, ammettiamo che per star bene ognuno di noi deve esprimere le sue capacità assieme agli altri”.

Allora, abbiamo perso il senso della relazione… “Il rapporto con gli altri è alla base della vita. Questo modello economico ci ha fatto perdere il senso delle relazioni, tant’è che una compagnia telefonica ha assurdamente coniato lo slogan ‘È tutto intorno a te’. Questo è il risultato della nostra economia, che ti spinge a stare da solo, abolendo solidarietà e comunità. La droga crea isolamento, aiuta a raggiungere questo desiderio di allontanamento”.

Questo si riscontra, ovviamente, nei ragazzi che chiedono aiuto. “La maggior parte dei ragazzi che vengono nelle nostre comunità hanno tutti avuto dei problemi all’interno delle famiglie, senza peraltro colpevolizzare queste ultime, che hanno fatto del loro meglio. Questo mi è chiaro in base alla mia esperienza, al Ceis, come nelle carceri e nelle comunità”.

Alla luce di ciò, quali strategie adottare per la prevenzione? “La prevenzione non deve essere intesa come informazione sull’uso delle droghe. I ragazzi ne sanno più di noi sull’effetto delle droghe, e la prevenzione in questo senso è deleteria in quanto risulta essere un incentivo, come avviene molto frequentemente nelle scuole. La prevenzione vera è educazione in senso ampio, alla vita, ai valori, all’impegno, alle responsabilità. Ma c’è un altro discorso che si ricollega a questo proposito”.

Quale? “Noi sappiamo che in Italia, con diramazioni in tutto il mondo, la droga è un capitolo economico grandissimo, governata prima di tutto dalle organizzazioni malavitose. Finché non si debelleranno la mafia, la camorra, la ‘ndrangheta, ci sarà sempre diffusione di droga, perché ci sono delle grandi rendite in tutto il mondo”.

Educazione alla vita e attacco alle organizzazioni mafiose. Ma si può uscire dalla droga? “In questi anni abbiamo constatato che parecchi ragazzi sono usciti dalla tossicodipendenza. Per chi si impegna, ci sono dei risultati. Come pure persone che sono rimaste lì. Dalla tossicodipendenza si esce, ma (qui sta il centro della questione) bisogna collegarsi di più”.

In che senso? “Bisogna sentirci più uniti. Molto spesso il Sert fa il lavoro del Sert, le comunità fanno il lavoro delle comunità, si fa fatica a creare una rete, a sentirci tutti impegnati in questo lavoro, senza guardarsi con sospetto”.

Un monito rivolto a tutti? “Questo infatti auspico, e su questo vorrei richiamare l’attenzione. Colleghiamoci fra comunità, Forze dell’ordine, magistratura, pubbliche istituzioni, famiglie, scuole. Parliamone insieme, fra tutti gli operatori. Già lo facciamo, in parte. Ma lo dobbiamo fare ancora di più e meglio. Certamente, aggiungo, questa ‘rete’ può continuare e migliorare solo se dietro ci sono molte risorse”.

AUTORE: Saverio Freddi