Dalla creta all’opera d’arte

Editoriale

Nella bellissima chiesa francescana di Deruta il giorno di santa Caterina d’Alessandria ho partecipato ad una assemblea liturgica, nel corso della quale sono stati premiati uomini e donne accomunati per data di nascita nell’anno 1934 e per essere stati, ed alcuni essere ancora, ceramisti. Deruta, infatti, è una capitale mondiale della ceramica artistica. Molti si sono domandati quale sia la relazione tra questa bellissima fanciulla uccisa nell’anno 305 d.C. e la fabbrica di maioliche. Probabilmente il motivo è da cercare nel fatto che in tutte le numerose immagini, accanto alla fanciulla che tiene in una mano un libro e nell’altra la palma del martirio, vi è una ruota. È per questa ruota che è stata scelta come patrona dei ceramisti. Messa in moto da ritmici colpi di piede prima, ora da un motore, la ruota serve a far girare il tornio sul quale è sbattuta una palla di creta che mani esperte modellano in modo da formare un vaso di diversa forma e misura. Per Caterina la ruota serviva come strumento di tortura, da cui fu risparmiata perché miracolosamente si spezzò, per i ‘tornianti’ ceramisti è strumento di creazione di forme. Qui il miracolo sta in quella creta che diventa una cosa distinta, si manifesta sorgendo su dal tornio prendendo consistenza e forma. Da questo antico gesto, sempre nuovo, ha attinto il narratore della Genesi. Un fatto, quasi evento, che sorprende sempre ed è sempre un’impresa degna dell’uomo, faber e sapiens insieme. La sua opera però non è ancora finita. Un altro operaio si prenderà cura di quell’oggetto appena formato, lo tratterà con attenzione, lo metterà a cuocere nel forno e poi aspetterà che si raffreddi; quindi lo ‘battezzerà’ in un liquido candido e rassodante, per poi metterlo in mano agli artisti che lo abbelliranno con immagini, segni, scritte, fregi, disegni geometrici e colori. Tutto questo mi è ripassato in mente quando ho letto che papa Benedetto XVI ha fatto un discorso (O.R. 26 Nov.) su ‘La vera bellezza è la strada dell’umanesimo cristiano’. Il Papa fa un richiamo a considerare la bellezza estetica in unione con quella etica. Non la bellezza puramente esteriore, quindi, fragile e passeggera, ma quella che ha radici nella verità e bontà delle cose e del loro Creatore. Ebbene, nella liturgia dei ceramisti di santa Caterina c’era la sintesi di questi due aspetti, la bellezza artistica, la centralità del valore della persona e del loro lavoro, l’armonia tra comunità religiosa e quella laica. Tutto ciò è anche un chiaro simbolo della vocazione dell’uomo a dare senso al suo operare trasformando la terra, l’umile creta di cui siamo tutti impastati, in un’opera d’arte. Siamo tutti ceramisti, chiamati a dare forma compiuta, armonia e bellezza alla vita singola e a quella della comunità cristiana e civile insieme. Un progetto da offrire alle giovani generazioni, invitandole a costruire una vita bella. Non, come si dice banalmente, ‘fare la bella vita’ che significa non fare niente. Ma fare della vita un’opera meritevole di essere vissuta, contemplata e realizzata con la fatica di ogni giorno, e occupando ognuno il posto assegnato nel progetto d’insieme. In quella festa c’erano un coro e un’orchestra di ottoni. Un’arte richiama l’altra nella gioia dello stare insieme.

AUTORE: Elio Bromuri