Il discorso di Bassetti all’assemblea dei Vescovi

In politica “la partita non è persa” – nonostante le preoccupazioni, le difficoltà, lo “stato di prostrazione”, il “clima di smarrimento culturale e morale”, il “rancore diffuso”, l’“indifferenza alle sorti dell’altro”, le “tensioni e proteste neanche troppo larvate”, il disagio sociale, lo “stallo” e la “confusione di ruoli” che ha caratterizzato l’inizio di questa legislatura. Perché “il Paese è più sano” di come lo si dipinge. Uno sguardo responsabile e costruttivo, quello con cui il card. Gualtiero Bassetti , arcivescovo di Perugia e presidente della Cei, ha introdotto la seconda giornata dell’assemblea dei Vescovi, aperta lunedì sera da Papa Francesco. Il discorso del Cardinale ha aperto martedì i lavori dei vescovi italiani che, dopo aver ascoltato la relazione di Cesare Rivoltella sul tema centrale dell’ordine del giorno, la comunicazione, hanno proseguito i lavori in gruppi, secondo la nuova modalità inaugurata nella precedente assemblea. Nella sua relazione (disponibile sul sito web della Cei) Bassetti prima ha salutato i nuovi vescovi e i vescovi emeriti – tra cui quello di Gubbio, mons. Luciano Paolucci Bedini, e il suo predecessore mons. Mario Ceccobelli – e ha ricordato i Pastori defunti nel corso dell’ultimo anno, tra cui il vescovo emerito di Foligno, mons. Giovanni Benedetti. Ha quindi affrontato i temi dei giovani, dell’Europa, del Mediterraneo e la pace, rilanciando l’idea di “dar vita a un incontro di riflessione e spiritualità per la pace” nel Mare nostrum . Tuttavia gran parte della riflessione è stata dedicata al momento politico italiano e all’impegno dei cattolici. Ne riportiamo alcuni passaggi.

A questo nostro convenire di pastori, che amano il popolo in mezzo al quale sono stati posti, guarda sicuramente con attenzione l’intero Paese, specie in una fase delicata come l’attuale. (…) Ma non credete, cari confratelli, che anche nel contesto attuale ci siano ragioni fondate per dire che la partita non è persa? Non credete che le radici siano buone e il Paese più sano di come spesso lo si dipinga? Non credete che, non solo non siamo semplicemente allo sbando o alla deriva, ma ci sia ancora tanta disponibilità per il bene comune? Tra pochi mesi celebreremo il centenario dell’appello ai “liberi e forti”, lanciato da un gruppo di tenaci democratici, riuniti intorno a don Luigi Sturzo. Fu l’inizio di una storia, quella del cattolicesimo politico italiano, che ha segnato la nostra democrazia e che ci ha dato una galleria di esempi alti di dedizione, di umiltà, di intelligenza. (…) Chi si impegna nell’amministrare la cosa pubblica deve ritornare ad essere un nostro figlio prediletto: dobbiamo mettere tutta la forza che ci resta al servizio di chi fa il bene ed è davvero esperto del mondo della sofferenza, del lavoro, dell’educazione. (…) La storia della Chiesa italiana è stata una storia importante anche per la particolare sensibilità per l’aspetto politico dell’evangelizzazione: nessuna Conferenza episcopale come la nostra possiede un tesoro così ricco di documenti e di testimonianze. Dobbiamo esserne fieri, ma soprattutto è venuto il momento di interrogarci se siamo davvero eredi di quella nobile tradizione o se ci limitiamo soltanto a custodirla, come talvolta si rischia che avvenga perfino per il Vangelo. Dove sono le nostre intelligenze, dove sono le nostre passioni? Perché il dibattito tra noi è così stentato? Di che cosa abbiamo timore? Gli spazi che la dottrina e il magistero papale ci hanno aperti sono enormi – come ribadiva ieri sera il Santo Padre – ma sono spazi vuoti se non li abitiamo. E spazi dottrinali vuoti o pieni di pia retorica non sono sufficienti a contenere le tragedie di questa umanità in mezzo alla quale la misericordia del Signore ci ha posto. Cari amici, la fede non può essere fumo, ma fuoco nel cuore delle nostre comunità. Credo che, con lo spirito critico di sempre, sia giunto il momento di cogliere la sfida del nuovo che avanza nella politica italiana per fare un esame di coscienza e, soprattutto, per rinnovare la nostra pedagogia politica e aiutare coloro che sentono che la loro fede, senza l’impegno pubblico, non è piena. Sono molti, sono pochi? Ancora una volta, non è questione di numero, ma di luce, lievito e sale: ogni società vive e progredisce se minoranze attive ne animano la vita spirituale e si mettono al servizio di chi nemmeno spera più. In questo momento cruciale della nostra storia, esprimiamo con convinzione la nostra stima al Presidente della Repubblica per la guida saggia e paziente con cui sta facendo di tutto per dare un governo all’Italia. Nel contempo, ricordiamo a tutti come non basti nemmeno avere un governo per poter guidare il Paese. Occorre – questo Paese – conoscerlo davvero, conoscerne e rispettarne la storia e l’identità; bisogna conoscere il mondo di cui siamo parte e nel quale la nostra Repubblica – cofondatrice dell’Europa unita – è desiderosa di ritornare a svolgere la sua responsabilità di Paese libero, democratico e solidale. Anche la nostra Chiesa è attraversata da un respiro europeo e chi frequenta i nostri confratelli sa quanto le Chiese del Continente siano alla ricerca di idee e di entusiasmi per educare e favorire la crescita di un’etica pubblica. Questi principi fanno parte integrante della nostra cultura. A questi principi intendiamo dare un contributo reale, convinti che – come dicevo a inizio d’anno – questo sia un tempo in cui “occorre ricostruire la speranza, ricucire il Paese, pacificare la società”. Prendiamo, dunque, le distanze dal disincanto, dalla prepotenza e dalla sciatteria morale che ci circondano. Prendiamo le distanze dalle nostre stesse paure. Facciamolo in nome del Vangelo e sempre con il sorriso e a voce bassa. Ci troveremo a condividere la strada con tante persone buone, sincere e oneste.

Gualtiero card. Bassetti presidente della Cei