Divisi anche su San Francesco ?

Editoriale

E pensare che sarebbe d’accordo anche Capitini. Se ha inventato la marcia Perugia – Assisi, non l’ha fatto per portare gente sotto la Rocca maggiore detta di Federico II, il quale, tra l’altro, proprio in Assisi, quand’era fanciullo fu battezzato. Nelle intenzioni di Capitini, che era ammiratore di Francesco, anche se con le riserve tipiche della sua filosofia postcristiana, come è stata chiamata, che azzera la trascendenza, il punto di arrivo era Francesco, umile e povero, amante della natura e annunciatore, con il suo saluto, della pace e di ogni bene. Ma a parte Capitini e la marcia pacifista, divenuta alla fine patrimonio condiviso da laici e cattolici, a proposito dell’idea di inserire i nomi di Benedetto e Francesco nello Statuto regionale non si tratta di inventare nulla, né di clericalizzare un documento in cui tutti devono potersi riconoscere senza esclusione alcuna. La proposta di mons. Paglia, senza considerare rilanci più o meno strumentali o ideologiche preclusioni, è tesa a sollecitare gli Umbri perché affrontino una volta per tutte il problema della loro identità collettiva regionale. Ci si lamenta, infatti, della eterogeneità dei territori, dei linguaggi, degli interessi, delle competizioni tra enti territoriali, le due province, i 92 comuni, le strutture di vario tipo, con il rischio che ognuno cerchi di farsi strada per conto suo. E allora ben vengano elementi di coesione e di comunione. Non dobbiamo inventarli. Benedetto è già, di suo, Patrono d’Europa, riconosciuto come tale. Così pure Francesco d’Assisi è, di suo, già Patrono d’Italia. Gli umbri dovrebbero avere il minimo senso di orgoglio di dire che questi due personaggi sono nostri concittadini, frutto della nostra terra, ed hanno i loro maggiori ricordi qui da noi. Se poi si va a scavare nella storia si troverà che essi rappresentano valori dello spirito e della coscienza, della dignità delle persone e persino degli animali, del creato e del lavoro e sono riconosciuti maestri nel mondo anche dai non credenti. Ci può essere qualcuno in Umbria che è contrario a questi valori? Lo dica. Sono valori che non hanno bisogno di essere benedetti o canonizzati da un potere ecclesiastico, ma del tutto laici, nel senso alto e comprensivo della parola. Benedetto e Francesco hanno elevato a valori indiscussi ”i frutti della terra e del lavoro dell’uomo”. Maestri di pace e di non violenza, con lo spirito benedettino e francescano diffuso ed espanso su tutto il nostro territorio hanno, così, posto Assisi, Norcia e l’Umbria intera al centro dell’attenzione del mondo e mèta di un flusso ininterrotto di turisti e pellegrini. È chiaro che tutto ciò prescinde da uno Statuto regionale, tanto va oltre. Ma sarebbe soltanto miope chi non avvertisse l’opportunità di favorire negli umbri la consapevolezza di essere eredi di un patrimonio che non sarebbe sciocco dissipare. Anche solo da un punto di vista di utilità sociale, il richiamo ai due Santi può costituire una spinta di rinnovamento data ad una regione stanca perché sappia aprirsi con maggiore coraggio e fiducia al futuro.

AUTORE: Elio Bromuri