“Dobbiamo aprire il cielo per dare speranza”

Intervista al vescovo ucraino mons. Radoslaw Zmitrowicz. È stato a Perugia a studiare l’italiano e poi in Visita ad limina
Donne in preghiera per la pace nella città ucraina di Luhansk orientale
Donne in preghiera per la pace nella città ucraina di Luhansk orientale

Proprio in questi giorni i vescovi cattolici ucraini sono in Visita ad limina in Vaticano dove, come da prassi, sono ricevuti da vari Dicasteri e dallo stesso Papa Francesco che non manca di fare appelli affinché le armi lascino spazio al dialogo.

Tra i circa trenta vescovi delle quattro chiese cattoliche ucraine (quattro perché di quattro “Riti” differenti: latino, greco cattolico, armeno, ruteno) c’è anche Radoslaw Zmitrowicz, missionario degli Oblati di Maria Immacolata, vescovo ausiliare della diocesi ucraina di Rito latino di Kamyanets- Podilskyi.

Mons. Zmitrowicz ha trascorso a Perugia le ultime settimane frequentando i corsi di italiano all’Università per Stranieri e collaborando con la parrocchia di Ferro di Cavallo nella quale risiedeva.

Ma perché un vescovo ausiliare viene a studiare l’italiano? Quando lo incontriamo sabato mattina nello spazio parrocchiale in cui è ospitato parla con fatica per la tosse che un’influenza gli ha lasciato, ma non si sottrae neppure a questa curiosità. “Studio l’italiano perché è la lingua della Chiesa”, risponde.

Poi mi parla dell’Ucraina, delle sofferenze del popolo ucraino fatto di polacchi, russi, armeni, ucraini, del desiderio anche comprensibile che i russi hanno di amare la loro cultura e di vivere in territorio russo, “ma la guerra – dice mons. Zmitrowicz – è un prezzo troppo alto!”.

La maggioranza della società è per la pace, e le diverse Chiese cattoliche insieme alle Chiese ortodosse promuovono incontri di preghiera per la pace. Sono segni di comunione in un paese in cui la divisione politica attraversa anche i cristiani delle diverse Chiese. Le difficoltà maggiori sono con la Chiesa ortodossa di Kiev che appartiene al Patriarcato di Mosca il quale condanna la guerra ma ritiene un pericolo per il popolo l’adesione all’Unione europea vista come portatrice di una cultura negativa (per esempio sui temi del’eutanasia, aborto, matrimoni gay, ecc). Il 2 marzo di un anno fa il responsabile della comunicazione Vsevolod Chaplin dichiarava al quotidiano Ukrainskaya Pravda che l’intervento militare russo in Ucraina era una “missione di pace” e auspicava che le operazioni russe “per proteggere la libertà, l’identità e la vita dei russi che vogliono tornare uniti nel loro territorio storico, non incontrino resistenza”. E aggiungeva “nessuno vuole spargimenti di sangue e rendere più profondo il divario che già esiste fra gli ortodossi sul territorio della russia storica” riferendosi alla grande Russia che includeva parte del territorio della Russia attuale, ucraina e Bielorussia.

La Chiesa cattolica si trova in un certo senso in mezzo, consapevole dell’aggressione culturale dell’Europa da un lato, l’aggressione della Russia dall’altro. In questa situazione, però, mons. Zmitrowicz indica una via che vada al fondo del problema.

“Il lavoro della Chiesa, dei cristiani, è aiutare la gente a scoprire l’amore di Dio perchè all’inizio tutti vogliono cambiare la situazione in meglio ma quando entrano in politica non ci riescono perché senza Dio nel cuore, senza vicinanza con i poveri non si cambia opinione”.

Non basta l’educazione o la formazione perché quello che manca è la speranza. Così mons. Zmitrowicz insiste sulla forza anche sociale della conversione. “La gente ha creduto al comunismo che prometteva il paradiso in terra. La promessa non si è realizzata ma è rimasta la ricerca il benessere qui su questa terra, e dunque ricerca di potere di avere su cui cresce la corruzione”.

In questa situazione, aggiunge, la cosa “più importante è dare l’amore di Dio, il Vangelo”.

Anche se la maggioranza degli ucraini dice di credere in Dio ha una fede a livello molto naturale. Una cosa buona, commenta mons. Zmitrowicz, “ma non cambia l’uomo. Non da speranza di felicità. La Storia dell’Ucraina è piena di sofferenza, gli uomni non hanno speranza, pensano che niente cambierà. Solo chi ha fatto esperienza della risurrezione di Cristo potrà pensare che si può cambiare il futuro dell’Ucraina. Questo è importante per il suo futuro”.

“La nostra missione è aprire il cielo per dare speranza”.

 

Chiese in Ucraina

L’Ucraina è, dopo la Russia, la nazione più popolata tra quelle nate dal crollo dell’Unione Sovietica; il Paese conta circa 46 milioni di abitanti. La Chiesa cattolica è presente nel Paese con circoscrizioni ecclesiastiche appartenenti a quattro diversi riti liturgici: latino, ruteno, armeno e greco-cattolico. La comunità più numerosa è quella greco-cattolica. La diocesi di Kam’janec’- Podil’s’kyj è una sede della Chiesa cattolica suffraganea dell’arcidiocesi di Leopoli (L’viv). Nel 2013 contava 250.000 battezzati su 3 milioni di abitanti. È attualmente retta dal vescovo Maksymilian Leonid Dubrawski, dei Frati minori. Il gruppo religioso più diffuso è la Chiesa ortodossa, che tuttavia è suddivisa in tre tronconi: la Chiesa ortodossa ucraina legata al Patriarcato di Mosca, la Chiesa ortodossa ucraina legata al Patriarcato di Kiev, e la Chiesa “autocefala” (indipendente) ortodossa ucraina. I protestanti – in senso lato – sono circa un milione, e il loro numero è notevolmente cresciuto dopo l’indipendenza del Paese. Il gruppo più consistente è quello dei pentecostali (oltre 300.000), seguito dagli evangelici (150.000 fedeli); si contano poi calvinisti, testimoni di Geova, luterani, metodisti, avventisti del Settimo giorno e mormoni.

AUTORE: Maria Rita Valli