Don Alberto e don Paolo: festa in cattedrale per i nuovi presbiteri

Celebrazione presieduta dal Vescovo alla presenza dei vescovi tifernati Baldi e Fiordelli

Sabato scorso, 5 maggio, la Chiesa di Città di Castello ha vissuto un momento di particolare gioia. Il vescovo, mons. Pellegrino Tomaso Ronchi, ha ordinato presbiteri don Alberto Gildoni e don Paolo Martinelli. Moltissime persone si sono unite nella preghiera ai due sacerdoti: c’erano i familiari dei due presbiteri, i sacerdoti e i diaconi (della diocesi e non solo), i compagni del seminario regionale umbro, guidati dal rettore mons. Piergiorgio Brodoloni, i tanti amici che hanno conosciuto don Alberto e don Paolo, specialmente durante il periodo nel quale, da diaconi, hanno servito le comunità parrocchiali di Montone e della Madonna del Latte. Hanno partecipato alla gioia della comunità diocesana anche i tifernati mons. Pietro Fiordelli, vescovo emerito di Prato, e mons. Ivo Baldi, vescovo di Huaraz (in Perù) che, per una fortunata coincidenza, erano presenti a Città di Castello. La celebrazione si è svolta nella quarta domenica di Pasqua, scelta dalla Chiesa come Giornata mondiale delle vocazioni, dato che la liturgia è tutta incentrata sul tema di Gesù-Buon Pastore che pasce con amore il proprio gregge. Anche i sacerdoti sono chiamati da lui ad essere pastori del popolo, sull’esempio di Gesù. “Noi, sacerdoti e vescovi, – ha ricordato mons. Pellegrino Tomaso Ronchi durante l’omelia – dobbiamo essere pastori buoni, cioè “padri” delle nostre comunità. Essere “padri” significa saper incontrare le persone facendo attenzione a ciascuno. E’ di grande importanza che ogni persona che ci incontra possa avere la percezione di essere stato ascoltato, stimato, guardato con amore”. Il Vescovo ha continuato esortando tutti i preti ad essere “pastori dal cuore grande” seguendo tre coordinate fondamentali: umanità, sensibilità e delicatezza. “E questo verso tutti. Se una predilezione ci è consentita – ha precisato mons. Ronchi – questa deve essere per i più deboli, i poveri, quelli che non hanno nessuno su cui contare. E tutto ciò con un cuore veramente universale, andando anche al di là della comunità cristiana”. Infatti, si può anche essere lontano dalla fede, ma essere toccati quando un “pastore” pronuncia parole e compie gesti che vengono dal cuore, soprattutto se modellato su quello di “Cristo Buon Pastore”. Rivolgendosi ad Alberto e Paolo il Vescovo ha ricordato loro: “da oggi offrirete la vostra voce per chiamare Dio sulla terra sotto i veli del pane e del vino; presterete le vostre mani per distribuire l’Eucaristia, la vostra testa per illustrare la Parola di Dio; con la vostra lingua pronuncerete il perdono di Dio nel sacramento della Riconciliazione”. Ogni sacerdote – ha aggiunto – è un consacrato: non appartiene più al mondo, ma a Dio. “Noi siamo chiamati ad essere degli specialisti di Dio. Ogni sacerdote deve essere un intenditore di Dio, uno specialista nei rapporti con Dio e i suoi misteri. Il ministero sacerdotale impegna ad essere segni viventi di Gesù Cristo”. Se gli uomini compiono dei gesti è lo Spirito Santo che agisce ed è il vero protagonista della liturgia di consacrazione. Con il semplice gesto dell’imposizione delle mani del Vescovo e dei sacerdoti sul capo degli ordinandi lo Spirito Santo è donato. Egli ha trasformato Paolo e Alberto in sacerdoti di Dio, in eterno. I due preti sono stati rivestiti della casula, abito che ricorda il pastore, indossato dal capo della comunità, che deve stare vicino agli uomini e ai loro problemi nella prospettiva della salvezza eterna. Le mani dei presbiteri sono unte con il Crisma perché possano, a loro volta, consacrare le specie eucaristiche. La celebrazione eucaristica è stata animata da un coro formato da tantissimi giovani che hanno contribuito al coinvolgimento dei numerosissimi fedeli che gremivano la Cattedrale di Città di Castello. Santa Veronica Giuliani, innamorata dei sacerdoti, così pregava: “Signore, vi raccomando tutti i sacerdoti. A tutti concedete una viva fede, un perfetto amore, un’ardente carità… Io vorrei che fossero tutti santi, acciò amassero Voi, Sommo mio Bene. Date loro tanto del vostro amore, acciò si spoglino da tutto, con pura e retta intenzione operino tutto. In particolare, fate loro grazia che si accostino al sacro altare con quella disposizione che si ricerca”. Questo sia anche il più sincero augurio per don Alberto e don Paolo, all’inizio del loro ministero pastorale, da parte di tutta la Chiesa tifernate.

AUTORE: Francesco Mariucci