Due date per un’unica Pasqua

Solo eccezionalmente le date della Pasqua cattolica e di quella ortodossa coincidono (quest’anno no). Una divisione dovuta a motivi storici, che però diventa una contro-testimonianza

Paolo ammonisce i cristiani: “Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato! Celebriamo dunque la festa” (1 Cor 5,7-8)… sì, ma quando? La risposta semplice e immediata, realizzata in pratica fin dall’inizio, è stata: “il primo giorno dopo il sabato” (Mt 28,1), il giorno del Signore, la domenica, Pasqua settimanale (Costituzione conciliare sulla liturgia, n. 108). Ma era necessario trovare anche un giorno nell’anno liturgico che facesse esplicita e solenne memoria della Pasqua, come era proprio anche del popolo d’Israele. Questo riferimento alla festa ebraica ha dato fin dall’inizio qualche, e non indifferente, problema che qui sarebbe arduo affrontare. Per porre un punto fermo circa la data che fosse osservata da tutta la cristianità si è pronunciato il primo Concilio ecumenico, quello di Nicea (anno 325), che ha stabilito doversi celebrare la festa di Pasqua la domenica successiva al primo plenilunio di primavera. Anche se rimasero alcune incertezze, attorno al VI secolo i calcoli astronomici erano universalmente accettati. Ma proprio per ragioni di calcolo astronomico, Gregorio XIII nel 1582 riformò il calendario e di conseguenza cambiò anche il modo con cui stabilire la data della Pasqua. Le Chiese d’Oriente però continuarono a seguire il vecchio calendario, chiamato “giuliano”, e da quel momento la festa della Pasqua ebbe una duplice data. Solo per il ciclo astronomico può accadere che le due date vadano a coincidere. L’ultima di tali coincidenze si è avuta l’anno scorso, 2011, e un’altra, molto significativa e suggestiva, interpretata come premonitrice del nuovo millennio destinato a riconciliare tutti i cristiani, si è avuta nel 2001. L’opportunità di un’unica celebrazione, in ambito ecumenico, già da tempo si è fatta presente e sono state avanzate proposte in merito. Una di queste, a mio avviso la più seria e documentata, è contenuta nella dichiarazione di Aleppo (1997; cf Enchiridion oecumenicum VIII, Edb 2007, pp. 1051-1063), sottoscritta dalla Commissione fede e costituzione del Consiglio ecumenico delle Chiese e dal Consiglio delle Chiese del Medio Oriente. A molti la questione della data sembrerà poco importante rispetto al contenuto di ciò che si celebra e del modo in cui la celebrazione viene vissuta dai cristiani. Ma nella prospettiva della testimonianza cristiana e dell’annuncio credibile al mondo intero, “fino ai confini della terra”, risulta più forte e incisiva una voce concorde che grida la speranza cristiana della vittoria sul male e sulla morte realizzata dal Cristo morto e risorto. Non per nulla il documento citato è espressione di un’esigenza che proviene dalla Chiese minoritarie che vivono in contesti scettici e ostili del Medio Oriente. Ma nel nostro tempo questa esigenza è sentita in maniera più vasta anche nelle nostre città e paesi dove per due millenni la Pasqua era una sola, mentre oggi ve ne sono due, per la presenza di Chiese ortodosse composte soprattutto di immigrati dell’Est Europa, che quest’anno, ad esempio, celebrano la Pasqua la domenica successiva. La gente si domanda il perché. Si domanda soprattutto – e si scandalizza – perché i cristiani in duemila anni, pur con il conforto dell’astronomia e dei calcoli del calendario, non siano riusciti a mettersi d’accordo su un fatto, apparentemente secondario se si vuole, ma simbolicamente molto significativo. Direi che si tratta di una plateale confessione di divisione e di incapacità a trovare accordi, a dialogare, ad accettare le ragioni della scienza, a superare la secche delle tradizioni inveterate. Ora, il calendario, gli equinozi e i pleniluni, non sono un’opinione. Il calendario gregoriano non può essere rifiutato solo perché porta il nome di un Papa. Ancora oggi sono rimasti due Patriarcati a seguire il vecchio calendario giuliano, quello di Mosca e quello di Serbia. Se vi sarà un comune accordo di tutta l’Ortodossia sul calendario, si pensa e si spera che anche la data della Pasqua potrà trovare un’unica data nella quale nel mondo possa risuonare l’alleluia pasquale, gridato con un cuore solo e un’anima sola. Il mondo ne riceverebbe un sussulto di stupore e di gioia.

AUTORE: Elio Bromuri