È coté des emarginaux

Abat jour

Scorre veloce l’anno quadragesimo a Concilio perfecto, il prossimo 8 dicembre saranno esattamente quarant’anni dalla chiusura della grande assemblea. Molte le commemorazioni. Mi sembra che ne abbiamo dimenticata una: quella del viaggio di Paolo VI all’Onu. La scelta fondamentale di Paolo VI in campo sociale era stata quella di un’inedita collocazione della Chiesa. Lo dice in francese: È coté des emarginaux, a fianco degli emarginati. Con questo biglietto da visita nell’ottobre del 1965 Papa Montini si presenta all’Onu; il ‘Palazzo di vetro’ l’ha accolto senza entusiasmo, come si conviene a uno che, per sua stessa ammissione, non dispone di alcuna potenza temporale, come uno che non ha nulla da chiedere per sé, nessuna questione da sollevare; è lì solo come avvocato dei poveri’ dei diseredati, dei sofferenti, degli anelanti alla giustizia, alla dignità della vita, alla libertà, al benessere e al progresso. Un fremito ci percorse tutti quando in Tv lo vedemmo inquadrato da una telecamera, dall’alto, piccolo, fragile, bianco, come sperduto; e quel fremito si intensificò quando un’altra telecamera ce lo avvicinò di fronte, e vedemmo che l’unica insegna che il Papa aveva voluto per quella circostanza era una piccola croce d’oro sul petto. Ha portato con sé a New York cinque cardinali, uno per ogni continente, fioriti sulla melma dell’opulenza sfacciata che uccide l’anima o nel deserto arido e screpolato della miseria che uccide il corpo. È coté des emarginaux. È latore di una lettera simbolica, che gli hanno affidato non solo la Chiesa cattolica, riunita nella sua massima espressione, il Concilio, ma anche numerosi cristiani non cattolici che condividono il suo discorso; chiede che la qualifica di ‘avvocato dei poveri’ gli venga riconosciuta dal massimo consesso dell’umanità in nome di quella Chiesa che non presume più (come voleva Pio XII) di candidarsi a maestra di civiltà in nome del diritto naturale e della rivelazione divina, ma rivendica il suo status civile di ‘esperta in umanità’: se l’è guadagnato, quel titolo, con la sua secolare, unica, ininterrotta, incomparabile vicinanza ai meno fortunati. È coté des emarginaux. Prima dai miei neuroni stanchi, poi dal cuore giovane del mio Vescovo e della mia piccola nobilissima diocesi sta decollando, prendendolo in consegna direttamente dalla mano di sant’Ubaldo, il Progetto Nosh, nullum oratorium sine hospitio; il III Convegno delle Chiese italiane, a Palermo, nel 1995, lo lesse così: ‘Che in ogni parrocchia, accanto agli edifici destinati al culto e alla catechesi, sorga un edificio destinato all’accoglienza dei più deboli’. Vorrei affidarlo, il Nosh, alla protezione di Paolo VI, io che nei suoi confronti fui tra gli ipercritici e oggi, se potessi, vorrei inginocchiarmi davanti a lui che del Concilio portò pondus diei et aestus, e chiedergli perdono, e la santa benedizione.

AUTORE: Angelo M. Fanucci