Europa Cristo-fobica

Un Rapporto dell’Osce denuncia il clima di sospetto che si sta diffondendo contro il cristianesimo

Un Rapporto di 40 pagine presentato a Vienna per illustrare la situazione della libertà religiosa in Europa, negli anni fra il 2005 e il 2010, riporta in maniera inequivocabile la notizia complessiva, secondo cui in Europa si va diffondendo una forma di sospetto e disaffezione verso il cristianesimo, che si può chiamare cristianofobia. Sono documentati contro i cristiani, pastori e fedeli laici, atteggiamenti d’intolleranza e discriminazione. I dati sono stati illustrati nel corso di un meeting sulla libertà di religione promosso dall’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce). Dello stesso argomento si è trattato in Kazakhstan all’inizio di dicembre, nella città di Astana, dove il card. Bertone ha svolto un’ampia relazione in cui chiede agli Stati d’impegnarsi a combattere la discriminazione contro i cristiani. Prendendo atto dei fatti concreti e dettagliati descritti dal Rapporto e che possono essere preoccupanti e minacciosi per una tendenza che sembra andare in crescendo, non ci si può fermare ad una rassegnata costatazione, ma ci si deve domandare le ragioni di ciò, che sono molteplici e complesse. I cristiani si devono domandare: perché ce l’hanno con noi? Un avvocato ebreo docente alla New York University, Joseph Weiler, che ha deciso di difendere il ricorso alla Corte di Strasburgo contro l’abolizione del crocifisso dai luoghi pubblici, autore del libro Un’Europa cristiana. Saggio esplorativo del 2003, in un’intervista all’Osservatore Romano del 6-7 dicembre afferma che non si tratta di una forma di cristianofobia ma di cristofobia. Non sospetto di essere filo- o cripto-cristiano, Weiler fa un’analisi della situazione europea e scrive tra l’altro: “Non ce la si può cavare con frasi del tipo: ‘Ce l’ho con la Chiesa e la sua storia, e magari con i suoi simpatizzanti, ma riconosco l’esempio e la grandezza della figura di Gesù Cristo’. Non volere il crocifisso nelle scuole italiane è prendersela con Gesù. Essere laici, come si vorrebbe far credere, o agnostici significa non preoccuparsi della sfera religiosa di chi laico non è”. Indica poi otto motivazioni dell’avversione verso Cristo e la sua Chiesa: motivi di ordine sociologico, psicologico, emotivo. C’è, per esempio, chi attacca Cristo senza averne una vera conoscenza. Vi sono casi d’invidia per i successi che il Papa ha, riuscendo ad attrarre tante folle in ogni parte del mondo. È a tutti nota però la ragione di fondo, che consiste nella resistenza della Chiesa al tentativo di piegarla alla mentalità corrente o delle grandi lobby di pressione laicista. La Chiesa cattolica, insieme alle Chiese ortodosse e a molte, non tutte, le comunità ecclesiali protestanti, è l’unica grande istituzione che non cede sui valori che attengono a temi quali vita, famiglia, sessualità, migrazioni, solidarietà. In una parola si potrebbe dire che la Chiesa combatte il relativismo che il fronte laicista, di contro, ritiene fondamento essenziale della democrazia. Questa è la ragione dell’opposizione: la Chiesa è intollerante di fronte alle scelte di libertà. La risposta è stata data ampiamente e a più riprese da Benedetto XVI. Il Papa ha scritto che “noi dobbiamo avere l’audacia di dire: ‘Sì, l’uomo deve cercare la verità; egli è capace di verità’. È chiaro che la verità comporta criteri di verificabilità. E sempre deve andare anche mano nella mano con la tolleranza” (La luce del mondo, p. 80). Senza il riferimento alla verità, la tolleranza senza misura e limiti si trasforma nel suo contrario, e lascia come “ultima misura solo il proprio io e le sue voglie” come lo stesso Ratzinger ha affermato nell’omelia della messa di apertura del Conclave che lo ha eletto Papa. Egli riconosce la gravità del problema: “Il concetto di verità oggi suscita molto sospetto. È giusto dire che di esso si è molto abusato”. La ricerca della verità e la tolleranza, nel senso di riconoscere vicendevolmente la buona fede, consentono l’esercizio della libertà. Nessun cedimento, quindi, alla sindrome dell’accerchiamento e alla resa del silenzio da parte dei cristiani, invitati a dire le ragioni della speranza anche se, come suggerisce Pietro (1Pt 3,15 ss), nel modo giusto, senza presunzione e arroganza. Il problema della comunicazione del messaggio cristiano nelle nuove culture, in un mondo che cambia, rimane fondamentale per coniugare insieme verità e rispetto dell’altro. Ma il Rapporto, frutto della ricerca dell’Osce, per il suo carattere di neutralità e la sua serietà d’indagine non deve lasciare nessuno distratto o indifferente. Non possiamo di nuovo, per motivi diversi e opposti, dopo il crollo delle grandi dittature del secolo scorso, divenire, in nome di una falsa tolleranza, una Chiesa muta.

AUTORE: Elio Bromuri