Fortunato, uomo santissimo

Il 14 ottobre si sono svolti i solenni festeggiamenti per il patrono di Todi e della diocesi

Venerdì 14 ottobre la città di Todi e tutta la diocesi di Orvieto-Todi hanno festeggiato il patrono san Fortunato che una antifona liturgica definisce “… spes tuorum civium …”, speranza dei tuoi cittadini. E di speranza san Fortunato ne ha seminata a piene mani; l’epoca travagliata in cui è vissuto l’ha visto praticare in pienezza le principali virtù cristiane della fede, della speranza e della carità. Papa Gregorio Magno lo celebra uomo di vita venerabile, uomo amico di Dio, uomo santissimo. I solenni festeggiamenti sono stati preceduti giovedì 13 dalla celebrazione dei primi vespri e alle ore 21 da una veglia di preghiera intorno al sepolcro del Santo. Venerdì 14, alle ore 18, con la partecipazione dei fedeli, del sindaco della città, avv. Ruggiano, e delle altre autorità civili e militari, l’arcivescovo mons. Giovanni Marra, Amministratore Apostolico della diocesi di Orvieto-Todi, ha presieduto la solenne liturgia eucaristica che è stata concelebrata da sacerdoti, religiosi, diaconi e seminaristi della Diocesi. La liturgia è stata animata dal Coro polifonico di Todi, dalla Corale del Duomo di Todi, dal Coro di Avigliano Umbro e dal Coro di Castel dell’Aquila. Quello per san Fortunato, in particolare tra la gente tuderte, è un culto vivo e ricco di fervore che ha origini nella notte dei tempi. All’omelia mons. Marra ha sottolineato come la festa di san Fortunato riconduca ai primi secoli dell’era cristiana e al primo annuncio del Vangelo. Nel secondo secolo infatti – ha detto il Presule – vi era, già, una comunità cristiana ben costituita e affidata alle cure del suo vescovo san Terenziano, perseguitato e martire. San Fortunato è vissuto tra la fine del V e gli inizi del VI sec.: un periodo di grandi sconvolgimenti politici e sociali: l’invasione di popoli così detti barbari, i Goti che distrussero completamente una civiltà consolidata da secoli. Il nostro Santo, nonostante l’invasore, restò al proprio posto e si adoperò in tutti i modi per le persone, i poveri, i malati, rimanendo l’unica autorità presente in quel difficile periodo storico e per il suo prestigio morale fu amato e rispettato perfino dagli stessi invasori. Fu considerato santo già in vita per i numerosi miracoli che otteneva da Dio attraverso la sua preghiera, miracoli narrati da papa Gregorio Magno che ricorda la liberazione dai Goti di due fanciulli, numerose guarigioni, ciechi che riacquistarono la vista, indemoniati liberati, morto tornato in vita. San Fortunato morì il 14 ottobre dell’anno 550. Nel 1292, Todi, divenuto libero Comune, volle ricordare lo strenuo “Defensor civitatis” ponendo la prima pietra di questo grande tempio a lui dedicato e i cui lavori si protrassero fino al 1400. Dopo la morte – ha ricordato mons. Marra – la tomba di san Fortunato venne posta nella chiesa di san Cassiano e fu visitata dai Pontefici Innocenzo III e Luigi IX. Innocenzo III, inoltre, donò trecento monete d’oro per la torre campanaria. Nel XIV secolo il vescovo Nicolò Amato fece deporre sotto l’altare centrale tutte le reliquie dei corpi santi di Cassiano, Callisto, Fortunato, Romano e Degna e nel 1596 il vescovo Angelo Cesi dopo una ricognizione di quei corpi li depose in un sarcofago dove attualmente si trovano. Ancora il Presule ha detto della grande statua in travertino, realizzata nel 1643 come voto per la liberazione dalla guerra che in quel tempo minacciava Todi. La seconda parte dell’omelia l’Arcivescovo l’ha dedicata alle letture del giorno e ha invitato a riflettere sul Vangelo di Giovanni (10,11-16): “Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore”. Il mercenario – ha sottolineato il Presule –non è pastore e le pecore non gli appartengono e quando vede venire il lupo abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde. Il buon pastore invece conosce le sue pecore e le sue pecore lo riconoscono. San Fortunato è stato immagine del Buon Pastore perché non ha abbandonato le sue pecore, è rimasto al suo posto perché pronto a dare la vita per il gregge affidato da Dio alle sue cure pastorali. Noi oggi lo ricordiamo e rivolgiamo preghiere perché interceda per tutti noi e per la nostra Chiesa di Orvieto-Todi. Al termine della messa i fedeli si sono accostati per il bacio della reliquia del braccio di san Fortunato, conservata nel famoso reliquario di Cataluccio di Pietro. La banda musicale “Crispolti, Pian di San Martino-Cecanibbi- città di Todi” ha eseguito un applaudito concerto sulle scale del tempio di San Fortunato.

AUTORE: Antonio Colasanto