Giovani in cerca di motivazioni

È stato presentato il rapporto dell’Aur - Agenzia Umbria ricerche dedicato al mondo giovanile

Da questa ricerca noto con piacere il fatto che l’associazionismo cattolico non solo “regge”, ma ha ancora la sua forte connotazione. I giovani vivono un’“appartenenza libera”, legata spesso all’emozione del momento. Nel gergo giovanile, potremmo sintetizzarla con due espressioni tipiche: “C’ho voglia” e “Non c’ho voglia”. Anche nell’ambito cattolico la partecipazione è spesso selettiva: una partecipazione spesso legata a situazioni emotive molto forti. Noto invece la difficoltà di una partecipazione feriale, che viene vissuta in modo “naturalmente discontinuo”. Sono convinto che la partecipazione, in ogni ambito, debba necessariamente diventare esperienza formativa. I giovani sono considerati una risorsa, sulla quale si investe per l’avvenire, ma al presente rischiano di essere considerati cittadini di serie B, in attesa della promozione. È come se la “società vecchia e saggia” cercasse dal giovane ossigeno per non morire, ma non gli lasciasse spazio di protagonismo, per inconfessabili paure.L’associazionismo rappresenta un’opportunità preziosa, in grado di assolvere una funzione educativa in senso specifico. Credo che l’esperienza dell’associazionismo cattolico riesca ancora oggi a mantenere il suo peso perché ogni gruppo sia oggi vissuto dai giovani come un laboratorio per costruire la propria identità attraverso il “noi”del gruppo. Del rapporto dell’Aur condivido anche le osservazioni circa le difficoltà dell’aggregazione giovanile, dove l’incostanza, la difficoltà dell’impegno continuativo la fanno da padroni. Vorrei però andare oltre questa lettura; se infatti da un lato cala il coinvolgimento associativo, dall’altro si rileva il progressivo venire meno della cultura della leadership. L’associazionismo educativo ha bisogno certamente di una sede, di una minima organizzazione, ma ha soprattutto necessità di un “animatore motivato”, un “organizzatore appassionato”. Abbiamo bisogno di leader in grado di sognare ancora. Il problema, se di problema possiamo parlare, è di desiderio. A sorpresa, il Rapporto Censis 2010 ha individuato la natura della crisi in un “calo del desiderio”, che si manifesta in ogni aspetto della vita. Abbiamo meno voglia di costruire, di crescere, di cercare la felicità. A questo fatto andrebbe attribuita la responsabilità delle “evidenti manifestazioni di fragilità sia personali sia di massa, comportamenti e atteggiamenti spaesati, indifferenti, cinici, passivamente adattivi, prigionieri delle influenze mediatiche, condannati al presente senza profondità di memoria e di futuro”. Tutto questo ci mostra che la crisi è – sì – sociale, economica e politica, ma è soprattutto antropologica poiché riguarda la concezione stessa della persona, della natura del suo desiderio, del suo rapporto con la realtà. Ci eravamo illusi che il desiderio si sarebbe mantenuto in vita da solo, o addirittura che sarebbe stato più vivo nella nuova situazione di benessere raggiunto. L’esperienza ci mostra, invece, che il desiderio può appiattirsi se non trova un oggetto all’altezza delle sue esigenze. Abbiamo quindi bisogno di desiderare di partecipare attivamente; c’è bisogno di risvegliare questo desiderio addormentato (o forse “narcotizzato”). Abbiamo bisogno di vedere che un futuro concreto c’è, esiste ed è praticabile. Ci siamo stancati di una vita facilitata, raccomandata, spensierata, vuota. Abbiamo bisogno di risvegliare nei giovani la certezza che il tempo speso nella partecipazione, nella cittadinanza attiva, nella costruzione del bene comune non è tempo perso. Se non si fidano delle istituzioni (e a volte persino della Chiesa ) è perché li abbiamo delusi, perché ci sentono lontani, perché pensano che siamo qui a rispondere a domande che nessuno di loro ci ha mai posto. Se li abbiamo delusi, dobbiamo prima di tutto riconquistare la loro fiducia. È per questo che questa platea, oggi apparentemente muta, va ascoltata; dovremmo decodificare i progetti di vita e di speranza che invadono i cuori dei nostri giovani.

AUTORE: Don Riccardo Pascolini