Gli ebrei si sentono offesi dalla Chiesa. Perché?

Prioritario e irreversibile il dialogo tra cristiani ed ebrei

Non da oggi gli ebrei lamentano di essere sottoposti ad una specie di doccia scozzese, come si espresse alcuni anni fa il rabbino Elio Toaff. Una volta sentono rivolte verso di loro espressioni di stima e di fraternità (i nostri fratelli maggiori) e un’altra volta si sentono freddati da espressioni, gesti e documenti che ai loro occhi appaiono come segnali di presa di distanza, e persino di rifiuto. E’ successo anche a seguito della beatificazione di Pio IX e della dichiarazione Dominus Jesus, che ha indotto la comunità ebraica a tirarsi fuori dall’incontro già programmato per la giornata del dialogo ebraico cristiano nel contesto del Giubileo. Non entriamo nell’ermeneutica di questi fatti recenti, come nella canonizzazione di Edith Stein, che, almeno nelle intenzioni di chi li ha compiuti, non hanno alcun carattere di disprezzo o di rifiuto del popolo dell’alleanza biblica. La Chiesa cattolica ha anche sincera consapevolezza che in questi atti non c’è nulla che possa ferire e provocare sofferenza spirituale e psicologica in questo popolo amico e amato.Essa ribadisce all’interno del proprio popolo di fedeli le sue convinzioni di fede, che non possono essere sacrificate sull’altare del dialogo interreligioso, come non sono da trascurare o far cadere né uno iota né un segno della Legge. Si deve prendere atto, tuttavia, e con altrettanta sincerità, che gli ebrei hanno manifestato di sentirsi colpiti da profondo dolore e di questo è giusto farsene carico, nella considerazione di quanto nella storia questo popolo ha dovuto subire e che nessuno può dimenticare (Noi ricordiamo). I gesti e le dichiarazioni della Chiesa che sopravvengono lungo la sua ordinaria attività pastorale devono essere letti alla luce di questa memoria e nel solco del cammino della Chiesa, che, dal Concilio Vaticano II in poi, è rivolto, in maniera convinta e irreversibile, verso una sempre più piena conoscenza, una più profonda comprensione e un vero dialogo. Questo cammino non è interrotto, ma continua, ed anche in questo anno giubilare ha ottenuto sensibili progressi, tra cui, il più significativo, il pellegrinaggio di Giovanni Paolo II a Gerusalemme. Se di questa volontà di dialogo della Chiesa cattolica qualcuno nutrisse dei dubbi, potrà leggere con interesse il messaggio che il Papa ha inviato alla Comunità di S. Egidio impegnata a celebrare a Lisbona l’incontro Uomini e religioni. In quel messaggio, a firma autografa, pur non riferito esplicitamente agli ebrei, Giovanni Paolo II riafferma la determinazione di voler tenere in vita lo “spirito di Assisi”, riferito all’incontro del 1986, in cui i capi delle maggiori religioni del mondo, compresi gli ebrei, si ritrovarono insieme per invocare la pace fra loro stessi, i loro popoli e l’intera l’umanità. Egli conferma esplicitamente tutto quanto è stato detto sul dialogo nei documenti della Chiesa a partire dalla dichiarazione Nostra aetate, sulle religioni non cristiane. Non dimentichiamo che in questa dichiarazione conciliare la maggior parte del testo è dedicata proprio al popolo ebraico. Nello stesso messaggio poi esorta, con parole ispirate, ad avere maggiore audacia nell’intraprendere il dialogo tra le religioni. E nota con precisa analisi quanto lega tra loro e accomuna all’unico destino gli uomini di ogni razza popolo e religione, tutti figli amati da Dio in cammino verso la comune patria. Se tale volontà di dialogo è rivolta in generale a tutte le religioni, ha un valore ancora maggiore e privilegiato, in qualche modo esclusivo, per quel popolo che ai cristiani ha donato il salvatore e redentore Gesù di Nazaret. I cristiani non potranno mai rinnegare la propria origine e la loro “santa radice” in cui sono stati innestati, qualsiasi cosa accada. Gli ebrei, forse, potranno anche fare a meno dei cristiani per continuare a vivere secondo la loro tradizione religiosa. Ma i cristiani non potranno mai rinunciare a bussare alla loro porta per essere aiutati a comprendere appieno il Vangelo attraverso la lettura della Legge, dei Profeti e degli altri scritti del Primo Testamento, con i relativi commenti rabbinici. Gesù, infatti, non è venuto ad abolire, ma a compiere la Legge e la Chiesa non può allontanarsi dalla linea segnata dal suo Maestro e Signore.

AUTORE: Elio Bromuri