Gmg2016. Misericordia e perdono: le due catechesi del cardinale Bassetti a Cracovia. I testi integrali

cardinale bassetti con profughi pakistani a villa sacro cuore di pg al pranzo di natale 2015

Il programma della Gmg 2016 di Cracovia prevede, tra mercoledì 27 e venerdì 29, una serie di catechesi tenute in diverse lingue dai vescovi di tutto il mondo sul tema “Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia” (Mt 5,7), scelto dal Santo Padre in occasione della Giornata. Le catechesi si svolgeranno per tutta la città, sia nelle chiese che in altri luoghi, e prepareranno i giovani a comprendere il significato del sacramento della penitenza e della riconciliazione, che i giovani potranno ricevere prima di mezzogiorno. Tutte le catechesi si concluderanno con la celebrazione eucaristica.

Tra i vescovi chiamati a questo compito, c’è anche quello di Perugia-Città della Pieve, il cardinale Gualtiero Bassetti.

Pubblichiamo di seguito un estratto per ciascuna delle due catechesi che Bassetti terrà a Cracovia. In allegato, trovate anche i testi integrali.

 

Prima catechesi

“C’è gioia in cielo”. Certo Dio è la nostra gioia, ma al centro del vangelo che meditiamo oggi c’è, soprattutto, la festa del cuore di Dio, l’allegria procurata dal ritrovamento di qualcosa, di qualcuno che era perduto. Dio fa festa per te oggi! Chiama i suoi amici, gli angeli, i santi, chiama Giovanni Paolo II, Suor Faustina, che sono i santi potremmo dire, “padroni di casa” in queste giornate, chiama Chiara Luce Badano, nostra sorella nella giovinezza, Piergiorgio Frassati, il giovane che voleva “vivere e non vivacchiare” e con loro e con tutta la corona del Paradiso, si rallegra per ciascuno di noi che, perduti (siamo sempre un po’ perduti, sempre un po’ lontani da Lui e bisognosi di essere ri-accolti nelle sue viscere di misericordia), abbiamo risposto al suo invito, e ci siamo messi in cammino per stare con Lui e i suoi amici del cielo. E lo abbiamo fatto “insieme”: non c’è festa senza amici. Come Dio non è un “musone” solitario, così anche noi sentiamo il naturale bisogno di “chiamare vicini e amici” per far festa insieme. Il Padre ha mandato il Figlio per cercare l’unica pecora perduta del gregge. Che vista che ha il nostro Dio! Più di dieci decimi! In un gregge numeroso ha “visto” l’unica che mancava, “io le conosco” ( Gv 10,27) dice Gesù delle sue pecore che “chiama per nome una per una” (Gv 10,3). E’ un vedere quello del nostro Dio che non è controllo, inquisizione, oppressione, come a volte potremmo pensare, quando magari la nostra coscienza è inquieta per qualcosa che abbiamo fatto o che avremmo dovuto fare e che abbiamo omesso di fare. Allora pensando che Dio sia un giudice severo, vorremmo come Adamo, nasconderci dalla sua vista, certi che voglia punirci. Il nostro Dio non è così. Egli è misericordioso, è tutta misericordia, è rahamim, utero di misericordia: il suo amore è come l’utero di una madre, grembo accogliente che avvolge d’infinita tenerezza la sua creatura perché possa vivere, crescere, nascere a vita nuova. La sua misericordia che vede la nostra miseria e l’assume, la fa propria e la trasforma in nuova possibilità di cammino: felice colpa, esclamava Sant’Agostino, pensando alla croce del Signore, grazie alla quale anche la sua vita fu rifatta nuova! Dio non è un moralista, uno che si scandalizza del nostro smarrirci, vede più in profondità di quello che noi stessi conosciamo di noi e di quello che gli altri vedono di noi.

Prima della nostra colpa Lui vede le nostre ferite, le nostre solitudini, le nostre paure. “Solo Gesù conosce il cuore dell’uomo, solo lui sa che cosa c’è nell’uomo”, non si stancava di ripetere Giovanni Paolo II e perché confidava in questa totale conoscenza di Gesù, ci ha sempre invitati a non avere paura di Dio. Era il 22 ottobre del 1978 all’inizio del suo pontificato, ci disse allora per la prima volta: “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa ‘cosa è dentro l’uomo’. Solo lui lo sa! Oggi così spesso l’uomo non sa cosa si porta dentro, nel profondo del suo animo, del suo cuore. Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra. È invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione. Permettete, quindi – vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia – permettete a Cristo di parlare all’uomo. Solo lui ha parole di vita, sì! di vita eterna”. Con lui anche io oggi ti dico, caro giovane, cara giovane: non avere paura di lasciarti vedere, di lasciarti cercare, di lasciarti trovare da Gesù. Egli cerca fra tanti proprio te, conosce proprio te e ti chiama per nome…”

Per il testo integraleTesto integrale. Prima catechesi (G.Bassetti)

 

Seconda catechesi

“Al tramonto della vita saremo giudicati sull’amore”, ha scritto uno dei più grandi mistici cristiani, San Giovanni della Croce. Qual è questo tramonto? Cosa significa che al tramonto della vita conterà solo l’amore? E quale amore sarà il criterio di questo giudizio? Ci viene in aiuto il capitolo 25 del Vangelo di Matteo: “Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri” (Mt 25,31-32 Per la tradizione ebraica il nuovo giorno cominciava al tramonto e non all’alba, per loro questo fatto voleva indicare che come nella creazione la luce “scaturisce” dal buio che aleggiava sull’abisso, così il nuovo giorno scaturisce dal buio della notte. C’è un tramonto della storia che è il ritorno di Cristo glorioso, quando verrà a prenderci, quando tutto quello che di vero, di bello, di buono gli uomini hanno prodotto nella storia verrà trasfigurato nell’eternità e inizierà il giorno che non avrà più fine. Ma c’è anche un tramonto, potremmo dire, personale per ciascuno di noi: quando si compirà per ciascuno la promessa del Signore: “nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no ve l’avrei detto. Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io” (Gv14,1-3). La nostra vita infatti non è un eterno vagare senza origine e senza meta, un eterno inconcludente presente, è invece una freccia scoccata verso l’eternità: le cose migliori stanno davanti a noi, diceva C.L. Lewis che voi conoscete così bene, l’autore delle “Cronache di Narnia”.

Davanti a noi perché ogni momento del tempo che viviamo è avvicinamento a quel posto che Gesù ci ha promesso. Ma questo “avvicinamento” non è semplicemente cronologico: non basta lasciar trascorrere il tempo, bisogna che questo tempo sia pieno d’amore, che la nostra libertà sia impegnata nella direzione dell’altro. Che il nostro tempo, l’attimo che dura, non sia Cronos, il dio greco che divora i propri figli, ma Kayros, momento favorevole della salvezza. E la giovinezza è un momento particolarmente propizio per fare della vostra vita un capolavoro: “prendete in mano la vostra vita e fatene un capolavoro” ripeteva il grande Giovanni Paolo II.

Dunque c’è un tramonto che è la fine del tempo della storia, un tramonto personale che è il passaggio di ciascuno da questa terra al Padre, e c’è anche un tramonto quotidiano, quel momento serale nel quale, siamo soli con noi stessi e ricapitoliamo il giorno. Si tratta della pratica dell’esame di coscienza che io vorrei consegnarvi, un “fare il punto” della nostra vita che è come un trampolino di lancio per proseguire meglio il giorno dopo. E su cosa fare questo esame? Gesù ci mostra la strada, una strada molto concreta, misurabile, potremmo dire…”

Per il testo integraleTesto integrale Seconda catechesi (G.Bassetti)