Guerra 1915-18. Nel centenario della fine del conflitto esce il libro-diario dal fronte di don Ubaldi

La pubblicazione del libro “Diario della Grande guerra” dell’allora don Beniamino Ubaldi giunge a conclusione del centenario del primo conflitto mondiale. Evento sconvolgente nella storia umana, ma ancora poco conosciuto nei suoi risvolti locali, almeno eugubini. Migliaia di giovani mobilitati, circa 700 caduti, un lascito di vita e di esperienza troppo presto dimenticato. Le memorie di don Ubaldi rappresentano un ulteriore stimolo per sollecitare e rinnovare l’interesse della comunità eugubina verso questo periodo importante della sua storia. La prima parte comprende le annotazioni di maggio-giugno 1915, quando don Ubaldi cerca in tutti i modi di evitare il suo invio al fronte nella qualità di prete-soldato. Nella seconda parte, da gennaio 1916 a gennaio 1917, si trova al fronte al seguito del 129° Reggimento fanteria. L’ultima parte riguarda invece il periodo in cui don Beniamino è assegnato all’ospedaletto da campo n. 162.

I curatori

 

Profonda è la gratitudine per i curatori di questo lavoro che permette ad un ampio pubblico di poter conoscere i diari di guerra di don Beniamino Ubaldi. Lungi dall’essere una violazione del personalissimo dialogo con la propria coscienza, questa operazione editoriale consegna al nostro popolo un preziosissimo album di immagini e ricordi che raccontano e disegnano la figura umanissima e nel contempo saldamente radicata nella fede di questo prete delle nostre terre, che la nostra diocesi eugubina avrà l’onore di avere come suo pastore negli anni seguenti.

Tali testi semplici e diretti nella loro espressività avvolgono il lettore nel tremendo mistero della crudeltà della guerra. Sono parole di un uomo che mentre vive il dramma di una tale “inutile strage” cerca di darle un contributo di umanizzazione, per se e per i compagni di sventura.

Frasi brevi e ritmate che scandiscono giorni lunghi e tormentati. A volte segnati dall’attesa timorosa di ciò che potrà accadere, e troppo spesso definiti dalla triste rassegnazione di chi è costretto a raccoglieri i frutti strazianti della violenza.

L’ignaro autore di un tale documento ci introduce nell’intimo tormento di un’anima che, dal sereno e devoto servizio ecclesiale si trova catapultato nel cuore di una vicenda assurda e raccapricciante, che mai avrebbe voluto interpretare. La dura accettazione di vestire la divisa militare, svestendo la più familiare e amata tonaca da prete. I mille tentativi di farsi assegnare ad un ruolo di cappellano per non correre il rischio inimmaginabile di trovarsi ad imbracciare un’arma per uccidere. La pietà e la tenerezza di padre nell’affiancare il dolore e lo smarrimento di tanti giovani inventatisi soldati.

La cura del ministero pastorale, che cerca di non far mancare il conforto della grazia sacramentale e della preghiera a tutti i malcapitati del fronte. Il conforto di una parola, la familiarità di un volto, il dono di una invocazione a Dio, nella paura e nell’incontro con la morte.

Don Ubaldi attraversa l’esperienza della guerra con la grande consapevolezza della profonda ingiustizia che essa rappresenta in primis per coloro che costretti ne sono i tragici protagonisti. Ma si lascia anche attraversare da questo drammatico evento senza alcuna difesa, esponendo ad essa tutta la sua umanità, gli interrogativi laceranti e le amarezze più struggenti, che lo feriscono e lo prostrano.

Da notare anche la semplicità delle sue annotazioni sugli elementi della vita comune, che costituiscono la trama delle giornate al fronte. Il cibo, l’alloggio, l’occasione di una partita a carte, la chiacchierata distesa con qualche commilitone, la posta, il tempo. Come anche i continui appunti sulla sua vita spirituale, la preghiera personale, la celebrazione della messa, le confessioni.

Tante volte emerge forte il cuore del prete. Il desiderio della vicinanza di Dio. Il dolore per l’allontanamento dei suoi figli, che si perdono nell’odio verso altri uomini, e bestemmiano quel Dio che solo può salvarli e custodirli in vita e in morte. L’invocazione fiduciosa della provvidenza divina. Il rifugio nella materna protezione della vergine Maria. Il pensiero affettuoso alle famiglie, alle madri e alle mogli, ai fratelli e ai figli degli uomini in armi.

I quasi quattro anni della sua “vita di guerra” trasformano lo sguardo e il ministero del sacerdote vadese. Non è difficile immaginare quanto abbiano inciso questi lunghi giorni vissuti nel ventre della guerra sulla fermezza e fortezza del vescovo Beniamino Ubaldi nei giorni bui del secondo conflitto mondiale in terra eugubina. In quei due lunghi giorni del sacrificio barbaro dei quaranta innocenti portati al martirio dalla inumana violenza.

La lettura di questi quotidiani appunti, che raccomando a molti, ci aiutino a rafforzare in noi la ferma condanna di ogni violenza dell’uomo sull’uomo, e dell’utilizzo della guerra come assurdo strumento di risoluzione delle umane controversie.

Mons. Luciano Paolucci Bedini, vescovo di Gubbio