I cristiani in politica

Parola di vescovo

Non è che oggi corra più tanta stima per l’Illuminismo di tre secoli fa, che impose le ben note direttive del nuovo agire politico-sociale: libertà, uguaglianza, fraternità. Erano proposte di vita sostanzialmente cristiane, ma vollero essere senza Dio, anzi contro Dio. Con gli esiti che tutti sanno: dalla rivoluzione borghese di Francia (“O libertà, quali delitti si commettono in tuo nome!”, ripeteva Madame Roland condotta alla ghigliottina) a quelle proletarie di Russia e altrove (dove gli uccisi si contano a decine e decine di milioni, ma nessuno ne parla), a quella nazifascista che ebbe il suo acme nell’Olocausto, alle guerre moderne in nome della prevenzione, ma senza far giustizia e verità. L’unica proposta dell’Illuminismo totalmente ignorata, mentre è fondamentale anche per le altre due, è “fraternità”, la quale non può essere vera se non la si intende alla maniera del Vangelo: fratelli, se non altro perché figli dello stesso Padre e fratelli d’un Protagonista unico della storia. Tradurre questa fraternità in termini sociali e politici è la scommessa dei nostri giorni e del nostro futuro. Usiamo già le parole della filiera della fraternità (persona, famiglia, solidarietà, sussidiarietà, bene comune, volontariato, gratuità, ecc.), ma occorre tradurle in consuetudini sociali e politiche, a partire dalla legislazione e dalle scelte di governo. Siamo invece ancora alla “guerra dei sassi”! Credo che occorra non solo un cambio di marcia, ma anche un ricambio di persone, non tanto e non solo giovani di età e di mentalità, ma giovani perché pieni di coraggio e di responsabilità, di cultura e cultura cristiana, di senso etico e morale, di razionalità, sganciati dalle vecchie logiche di appartenenza e dai residui di ideologie già sepolte che trascinano appresso solo il peggio di sé. Non tradisco la verità se dico che questi ultimi tempi sono stati disastrosi per la stessa immagine dell’Italia nel mondo! Già Papa Benedetto XVI fece cenno in un suo discorso alla necessità di un ricambio; egualmente ha fatto il card. Bagnasco. Abbiamo bisogno di nuove leve di politici cristiani giovani, non condizionati dal potere, esperti della dottrina sociale della Chiesa. Nuove leve che, quando si tratta di “valori irrinunciabili” non demordano, anche perché, se sono valori razionali e non emotivi, sono per natura loro irrinunciabili. Non si può dire, ad esempio, che distruggere la vita di chicchessia o frantumare anche concettualmente la famiglia sia “un valore”! Dobbiamo e vogliamo augurarci, in questo 150° anniversario dell’Unità d’Italia (anche se intorno a quel fatto ci sono ancor oggi tanti equivoci e tante legittime contestazioni) una nuova schiera di politici cattolici dello stampo dei Padri fondatori della Repubblica italiana e della sua Costituzione, che intesero l’attività politica come la più alta forma di carità e di servizio alla comunità. Non si fa fatica a dire che oggi occorre più moralità che rabbia polemica, più forza razionale e argomentativa che emozioni, più lungimiranza verso il futuro che risposte a bisogni effimeri. C’è bisogno di una nuova Carta fondativa dell’impegno politico e della cittadinanza, e perciò di nuove scuole di educazione alla politica e alla dottrina sociale cristiana. Occorre che, come un tempo fu per l’Ac e la Fuci (grande scuola di “fede che diventa cultura”!), sia oggi per i movimenti, le aggregazioni del volontariato caritativo, facendo rifiorire la militanza cristiana nella melassa di un buonismo che tradisce la verità e razionalità, dinanzi ad una libertà libertaria e agli accontentamenti elettorialistici per continuare a gestire il potere. A proposito: dove sono andati a finire nelle ultime elezioni i candidati che cercavano d’essere un po’ memori della dottrina sociale cristiana? E perché? Quanto pesano le divisioni interne al variegato mondo cattolico? Aprire un libero dibattito su questi temi non sarebbe male.

AUTORE: Giuseppe Chiaretti