Immigrazione. I migranti chiedono soluzioni intelligenti

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Mons. Paolo Giulietti

Non “se” ma “come” è la congiunzione giusta quando si parla di migrazioni. Si tratta infatti di confrontarsi con un fenomeno che è imponente e irreversibile. Si può – e si deve – certamente operare per il diritto a non emigrare, come sosteneva Benedetto XVI nel 2012 e ha ribadito Francesco nel Messaggio per la Giornata mondiale dei migranti e dei rifugiati 2016 . A tale proposito ci dovremmo seriamente domandare quanto le politiche economiche e le scelte diplomatico-militari dei Paesi occidentali (ma non solo essi) abbiano contribuito a far crescere una migrazione sempre più disperata e disordinata, facile appannaggio di trafficanti senza scrupoli. Basti pensare che la cifra stanziata dall’Italia nel 2015 per la cooperazione allo sviluppo è ferma allo 0,16% del Pil, a fronte dello 0,7% che i Paesi Ocse si sono dati come livello minimo. Senza parlare dei massicci flussi migratori generati da conflitti bellici spesso incautamente innescati – o favoriti – e malamente gestiti.

E senza dire, infine, dei Paesi dimenticati, della cui povertà e delle cui guerre a nessuno interessa, salvo poi scoprire che anche da lì si continua – giustamente – a fuggire verso lidi migliori. Sta di fatto che i movimenti di persone sono in costante aumento, riguardando non solo chi abbandona territori afflitti da guerra o da povertà endemica, ma anche tanti giovani italiani ed europei che hanno ripreso a emigrare, all’interno dei propri Paesi o verso l’estero.

La migrazione interna in Italia ammontava nel 2014 a oltre 1.300.000 unità; quella verso l’estero a quasi 140.000 unità, oltre la metà di quanti sono immigrati legalmente da altri Paesi. Il flusso globale di migranti transazionali è assommato, sempre nel 2014, a oltre 230 milioni di persone. Numeri imponenti, che obbligano a ripensare in fretta e con intelligenza modelli culturali e sociali. Serve a poco assumere atteggiamenti di chiusura o – peggio – innalzare barriere di qualsiasi genere: non si arresta un movimento di tale portata.

La questione vera è, allora, come gestire ciò che sta accadendo. Nessuno possiede le ricette; anche perché i modelli di integrazione finora sperimentati mostrano limiti vistosi. In questo cammino di riflessione c’è posto per tutti: per chi è preoccupato della sicurezza e chi dell’accoglienza; per chi desidera preservare identità e tradizioni e chi vede con favore l’incontro delle culture; per chi non vuole mettere in discussione diritti acquisiti e chi sostiene la necessità di una decisa revisione degli stili di vita. Non bisognerebbe demonizzare le idee diverse dalle proprie, perché nessun approccio unilaterale è sufficiente a trovare le soluzioni giuste. Chi strumentalizza singoli episodi o paure diffuse ventilando un futuro “a immigrazione controllata e garantita” o – peggio – “a immigrazione zero” mente sapendo di mentire. Ma anche chi minimizza le difficoltà e invita a mettere da parte ogni riserva compie un’operazione di dubbia onestà intellettuale.

Comunque, in omnibus charitas : è indispensabile l’atteggiamento della misericordia. Misericordia verso chi emigra, perché si tratta di persone, non di numeri o di problemi. Misericordia verso chi è chiamato ad accogliere, perché paure ed egoismi, ingenuità e interessi fanno parte dell’uomo e vanno curati più che condannati.

Misericordia verso l’umanità tutta, che chiede con sempre maggiore urgenza operazioni coraggiose e intelligenti di governance locale e globale, che sottraggano il controllo dei fenomeni alle forze occulte del malaffare o dell’affarismo, per riconsegnarlo ai popoli, nella prospettiva del bene comune.

AUTORE: Paolo Giulietti

1 COMMENT

  1. Anche i Cristiani costretti ad emigrare chiedono soluzioni concrete e intelligenti. Dovremmo ascoltare il loro grido di dolore e l’invocazione di aiuto, e riflettere sulla loro esperienza.

    “Non c’è Cristianesimo senza persecuzione”.

    Cosa ci riserva il futuro in Ocidente?

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