I partiti rimasti senza basi culturali

Bersani dice che il Pd ha vinto le elezioni. Contento lui… In realtà c’è stato quello che in materia elettorale si chiama sorpasso all’indietro: hanno indietreggiato tutti (cioè perso elettori, e non pochi), qualcuno ha indietreggiato un po’ meno degli altri e si ritrova in testa. Parliamo qui, ovviamente, del dato nazionale, perché in qualche città anche importante le cose sono andate diversamente. Tutto l’insieme certifica la crisi dei partiti. La crisi è più vistosa a destra, come era facile prevedere, ma non risparmia la sinistra. La crisi riguarda innanzi tutto la capacità tecnica di governare (infatti si sono dovuti cercare i tecnici fuori dei partiti; meno male che ce n’è ancora qualcuno), poi l’autorevolezza morale (mai caduta così in basso, tra uno scandalo e l’altro). Ma l’aspetto più grave è che i partiti hanno perduto le loro basi culturali. Non sto rimpiangendo l’epoca delle ideologie. Quando sono cadute le ideologie – tra il 1980 e il 1990, diciamo – è stata una liberazione; ma in fondo l’ideologia era una sola, il comunismo, e non ci credeva più nessuno (o quasi); fin che ha retto, ha tenuto in piedi anche gli altri, che dalla contrapposizione ritraevano la loro forza elettorale e la loro identità politica. Penso soprattutto alla Democrazia cristiana, che grazie all’anticomunismo aveva prosperato (ricordate Montanelli? Turatevi il naso e votate Dc) ma ci si era adagiata dimenticando le sue basi culturali e la sua tradizione ideale. Il cattolicesimo democratico e sociale dei De Gasperi e degli Sturzo esisteva già prima del comunismo e dell’anticomunismo, e aveva ben altri orizzonti e altre radici: un’idea di società libera ma solidale, dove le persone si aggregano in formazioni spontanee che a loro volta, tutte insieme, costruiscono il bene comune; i concetti ripresi dall’art. 2 della Costituzione. Come la Dc, anche gli altri partiti hanno via via smarrito i loro riferimenti culturali, e oggi non si dividono più sui valori ma solo sugli interessi (anche interessi inconfessabili dei professionisti della politica). Da qui un vuoto che, per ora, nessuno sembra capace di riempire.

AUTORE: Pier Giorgio Lignani