Il ’68 con don Milani

40'anniversario: parla un intellettuale cattolico perugino

Raccontare il Sessantotto da parte di chi lo ha vissuto, sia pure in modo marginale, significa soprattutto testimoniare stati d’animo, sensazioni, passioni, senza pretendere di fare storia, né di esaurirne la complessità. A Perugia, come altrove, la contestazione spazzò via le tradizionali associazioni degli studenti universitari, a vantaggio del movimento studentesco che aveva il suo centro nell’assemblea. In quella sede la critica nei confronti dei progetti di riforma universitaria si trasformò presto in ‘contestazione globale’ che prese di mira in particolare il modello di vita capitalistico, l”uomo a una dimensione’, macchina che produce e consuma, che privilegia l’avere rispetto all’essere. Non fu immune da critiche neppure il mondo comunista: la brutale repressione della ‘Primavera di Praga’ scosse più di una coscienza. Un nuovo modo di pensare conquistò i giovani, che assaporarono l’ebbrezza di uscire fuori dai tradizionali schemi di comportamento. Gli universitari cattolici condivisero molte istanze della contestazione, trovando nelle Scritture più di un motivo di ispirazione per criticare una realtà che apparve anche a loro insoddisfacente, e del resto il Concilio ecumenico Vaticano II aveva fatto riscoprire ‘cieli nuovi e terre nuove’. Essi avvertirono l’urgenza del cambiamento e con generosità si impegnarono per realizzarlo, all’università, nelle varie dimensioni della vita quotidiana e all’interno della comunità ecclesiale. Molti furono i temi al centro della loro attenzione, approfonditi a seconda delle sensibilità individuali. I sessantottini cattolici cercarono di elaborare faticosamente una nuova visione della realtà, senza appiattirsi del tutto sulle parole d’ordine dominanti. Si ispirarono ad alcune figure di laici e sacerdoti; ad esempio, a Don Lorenzo Milani, le cui opere divennero conosciutissime e amate; il titolo di una di esse, L’obbedienza non è più una virtù, fu anzi l’emblema di un nuovo habitus mentale, destinato a lasciare tracce profonde. Fuori dei confini nazionali si guardò a personaggi come Martin Luther King, ucciso proprio in quell’anno, e la sua lotta contro l’apartheid divenne il simbolo della lotta contro una società, quella americana, percepita come profondamente lesiva dei valori della dignità umana. A questa sensazione contribuì fortemente la guerra del Vietnam, un conflitto che lacerò profondamente la coscienza dei cattolici; essi si interrogarono a lungo sul problema della violenza, su come giustificare alla luce del Vangelo le lotte del Terzo mondo. Nel 1967 Paolo VI aveva pubblicato la Populorum progressio e cominciava a diffondersi la conoscenza della teologia della liberazione, che rifletteva sul libro dell’Esodo, sull’intervento di Dio per liberare dalla schiavitù il popolo d’Israele. Si guardò con attenzione alle figure del Che, di dom Helder Camara, di padre Camillo Torres. A Perugia nacque un circolo intitolato a quest’ultimo e si diede vita all’ ‘Operazione Mato Grosso’, per approfondire le tematiche del Terzo mondo e raccogliere fondi per quelle popolazioni; qualcuno decise anche di dedicare la propria vita al servizio dei popoli oppressi. Più particolarmente in ambito ecclesiale si sollecitò il rinnovamento liturgico e una maggiore partecipazione alla vita della Chiesa, si mise l’accento sul primato della coscienza e si vissero alcune esperienze particolarmente innovative di Chiesa conciliare. Di queste ultime è bello ricordare i numerosi soggiorni a Spello nella comunità dei Piccoli Fratelli di Carlo Carretto. Il tutto sotto l’occhio vigile dell’arcivescovo, mons. Ferdinando Lambruschini, che, per aver presentato l’Humanae vitae, ricevette dagli irriverenti sessantottini l’appellativo di mons. Pillolini. Lentamente i giovani diventarono adulti e metabolizzarono ‘la fantasia al potere’, ma l’esperienza vissuta in quegli anni avrebbe segnato in modo indelebile la loro vita. Non sempre in modo positivo. Molti furono perduti per la democrazia, complice anche una classe politica che, salvo rare eccezioni, come Aldo Moro, non seppe incanalare le istanze di rinnovamento in una coraggiosa politica di riforme. In altri rimasero una viva coscienza critica, un’attenzione ideale per la politica e per le problematiche sociali, un rifiuto, più o meno marcato, della società dei consumi, una forte apertura alla realtà internazionale, l’aspirazione costante ad una Chiesa fedele agli insegnamenti evangelici.

AUTORE: Luciano Tosi