Il futuro della lotta all’alzheimer

Tavola rotonda sulle Unità valutative alzheimer in regione: non solo centri per la distribuzione di farmaci

“Unità valutative alzheimer: un’esperienza con un futuro?”. Se ne è parlato il 21 settembre a Perugia a una tavola rotonda promossa in occasione della XVIII giornata mondiale alzheimer, dall’Associazione malati alzheimer Telefono alzheimer (Amata) Umbria in collaborazione con Associazione italiana psicogeriatria, sezione umbro-marchigiana ed istituto di Geriatria – Università di Perugia. La geriatra Annalisa Longo, presidente di Amata Umbria, ha salutato i presenti con la lettura del messaggio del presidente dell’Associazione italiana di psicogeriatria, Marco Trabucchi: “La dignità e la nobiltà della persona non scompaiono mai; il volto infatti conserva i segni di una storia, seppure reso irriconoscibile dalla malattia”. L’alzheimer, un processo degenerativo che distrugge lentamente e progressivamente le cellule del cervello, colpisce principalmente la memoria e le funzioni mentali. I sintomi, che a volte passano inosservati e scambiati per semplice invecchiamento cerebrale, passando il tempo divengono sempre più evidenti e vanno ad interferire con le più banali attività quotidiane, portando alla completa dipendenza dagli altri. Al fine della prescrizione dei farmaci antidemenza, ma anche per sostenere i pazienti e i loro familiari, sono nate, su tutto il territorio nazionale, le Unità di valutazione alzheimer (Uva), centri ospedalieri specializzati delle divisioni di Neurologia, di Psichiatria e di Geriatria, con il compito di valutare la gravità della malattia, di stabilire la terapia appropriata e seguire il malato durante il processo di cura. Renzo Rozzini, direttore del dipartimento di Medicina e geriatria di Brescia, ha ripercorso la storia dei dieci anni di attività delle Uva, partendo dai dati (età, numero dei pazienti, disturbi più frequenti, test diagnostici principali, ecc) raccolti nel registro Univa – il sito web dove le Uva presenti su tutto il territorio nazionale possono confrontare casi clinici e terapie farmacologiche in un’ottica di aggiornamento e miglioramento dell’assistenza. “C’è ancora molto lavoro da fare” ha detto Rozzini, indicando, tra le altre cose, la necessità di “trovare il modo di poter curare a casa quei pazienti che non possono recarsi direttamente in ambulatorio”. Nella seconda parte del convegno sono state messe a confronto le esperienze di gestione delle varie Uva presenti in regione: esponenti delle quattro Asl territoriali hanno illustrato i vari processi terapeutici sperimentati e adottati all’interno dei loro ambulatori. Patrizia Mecocci, direttore dell’istituto di Gerontologia e geriatria di Perugia, concludendo l’incontro ha espresso l’auspicio che le Uva rappresentino “sempre più non solo un punto di diagnosi ed erogazione di farmaci, ma un punto capace di prendersi cura globalmente della persona malata di alzheimer e della sua famiglia, in grado di promuovere e relazionarsi con tutti gli operatori e le strutture che nel territorio operano per garantire una buona qualità di vita a chi è affetto dall’alzheimer”.

AUTORE: Antonella Bartolini