Il “Gemello” calunniato

Lo chiamavano “il Gemello”, si chiamava Tommaso. Era stato lui a provocare gli altri 11, quando si trattava di fare un salto dalla Galilea alla Giudea, per vedere come stava Lazzaro, mentre si vociferava delle intenzioni omicide dei Giudei nei confronti di Gesù, reo di aver risuscitato proprio Lazzaro senza il permesso dei loro capi, in carta bollata. Andiamo? Non andiamo? “Ovvia, cittini!” – aveva esclamato il Gemello, che aveva dei parenti in Toscana – “Si va!, e se morir si deve, ‘e si moia ‘nsieme a Llui!”. Il Maestro aveva sorriso. Tommaso, detto “il Gemello”. Era stato lui ancora lui a interloquire con Gesù, quella volta che Lui aveva detto che i suoi non potevano andare dove lui stava per andare, ma per lo meno la strada per arrivarci la conoscevano: “Signore”- aveva insistito Tommaso soprannominato “il Gemello” – non sappiamo dove vai, e come facciamo a conoscerne la strada?”. Gli altri gli avevano fatto cenno di tacere. Per favore. Non era stata una gran bella figura. Piccole apparizioni da comprimario. Nel “Gesù” di Zeffirelli Tommaso detto il Gemello ha il volto aguzzo e le labbra serrate: uno che per entusiasmarsi gli ci vuole la rincorsa. E questo a causa di quella volta che la scena fu tutta sua. Era con gli altri 10, all’alba del primo giorno dopo il secondo sabato da quando Gesù era morto. Disgraziati!, farlo morì in quel modo, disgraziati!! Giuda, purtroppo, se n’era andato, assorbito da una notte di pece che l’aveva restituito attaccato ad un albero come un vecchio cencio inutile, ondeggiante in un’alba livida di morte. E con gli altri 10 Tommaso detto il Gemello aveva polemizzato a lungo. Gli avevano detto che Gesù era risorto, e lui…: lui avrebbe voluto crederci, ma l’angoscia di quel giorno, quando da lontano aveva visto la punta della lancia penetrare facile facile nel fianco del Maestro, e sbottare e subito placarsi quel fiotto faticoso di sangue e di acqua…, l’angoscia di quel giorno era intatta, e solo il pensiero di poterne rivivere un’altra simile, in un futuro più o meno lontano, aveva suscitato la sua reazione. Secca. “No, se non vedo non credo”. Secca, rabbiosa: “Mi cascassero le palle degli occhi, no!! Solo se tocco le sue cicatrici, solo se infilo le mie dita nel suo costato”. Vieni Tommaso. Dài, allunga la mano, metti qui il dito! Sono cicatrici, vedi? Le hanno fatte i chiodi, non il pennarello. Senti? L’apertura all’altezza del cuore… , è ancora calda e flaccida. “Mio Signore e mio Dio!!”. Elohìm e adonài, i nomi che gli Ebrei davano a JHWH. Il primo atto di fede. Non in Gesù risorto: gli altri 10, una settimana prima, “avevano gioito nel vederlo!”. Caspitina! E come si faceva a non gioire, a vederselo lì davanti, vivo, bello, radioso. Ma Tommaso non si limitò a cedere all’evidenza. Andò oltre, ed espresse la sua obbedienza a Gesù./Dio Mio Signore mio Dio! Elohìm e adonài, per primo. “Incredulo?”: ma che dite!?. Calunniato, dovete dire. Calunniato.