Il messaggio del vescovo per san Valentino

Diocesi. “Deve crescere in noi - ha detto mons. Paglia - un amore più robusto per la città

In una giornata fredda ma illuminata da uno splendido sole, come vuole la tradizione per la festa di san Valentino, migliaia di persone hanno raggiunto il colle per chiedere una benedizione al patrono dell’amore e della città di Terni. Due aspetti indissolubilmente legati tra loro, la città e l’amore, che il vescovo Vincenzo Paglia ha, da sempre, posto al centro del suo messaggio per la festa di san Valentino e che, con decisione, ha riproposto nel corso della celebrazione del pontificale: “Deve crescere in noi un amore più robusto per la città, è urgente avere più tensione spirituale, più intelligenza, più passione e più generosità”. Di fronte ad una città che rischia di rimanere al palo o addirittura, con uno sguardo più pessimistico, un declino pericoloso sia a livello economico che sociale, le parole di mons. Paglia sono state un monito affinchè non ci si abbandoni allo spirito mercenario dell’inerzia “a idee improvvisate o a progetti già falliti”. La lentezza, i ritardi, la mancanza di coordinamento richiedono uno scatto, nuovi stimoli, visioni ampie, un’alleanza tra tutte le componenti vitali della città per progettare il futuro. In particolare mons. Paglia ha fatto riferimento alla necessità di un “rinnovamento dei gruppi dirigenti e l’affacciarsi di una nuova generazione di laici cristiani o comunque di uomini di buona volontà impegnati per la città” e a quella di “elaborare nuove scelte politiche, mettere in atto più attente e generose prassi amministrative”. Facendo poi ancora riferimento alla politica e alla classe dirigente, mons. Paglia ha fatto cenno “alle lentezze con cui si reagisce da parte delle amministrazioni pubbliche agli stimoli e alle urgenze poste dal mondo dell’economia e della produzione”. Un atteggiamento remissivo, di subalternità “che pervade molti dei gruppi dirigenti della città – ha aggiunto il Vescovo -. È percepibile la sensazione diffusa di una perdita di forza che porta a conservare stancamente uno spirito di subalternità piuttosto che di autonomia, a solidificare un atteggiamento di miope diffidenza nei confronti della logica dell’apertura e della competizione. Non ci si rinnova scegliendo una scontata cooptazione piuttosto che una salutare competizione”. Una situazione che richiede un diverso impegno da parte di tutti, “un’alleanza tra tutte le componenti vitali della città per riprogettare il suo futuro. Ben vengano il colloquio, il dialogo, la collaborazione. Ben venga un pensiero strategico e non di breve periodo” ha detto il presule. La priorità sembra essere quella dell’apertura di uno spazio per la ripresa della città che “consenta a Terni di mantenere le potenzialità e l’autorevolezza di una città consapevole del proprio passato e aperta alle sfide del futuro”. Un rinnovamento che il Vescovo ha paragonato alla grande stagione conciliare della Chiesa cattolica di cinquanta anni fa, nella quale “hanno trovato spazio la revisione critica, la riforma, il governo e il sogno. Sento particolarmente vicine a noi, alla nostra Chiesa diocesana, le parole che Giovanni XXIII pronunciò quasi come suo testamento: ‘Ora più che mai, certo più che nei secoli passati, siamo intesi a servire l’uomo in quanto tale e non solo i cattolici; a difendere anzitutto e ovunque i diritti della persona umana e non solamente quelli della Chiesa cattolica. Non è il Vangelo che cambia: siamo noi che cominciamo a comprenderlo meglio… È giunto il momento di riconoscere i segni dei tempi, di coglierne l’opportunità e di guardare lontano’”.

AUTORE: Elisabetta Lomoro