Il Paese ha assoluto bisogno di uscire dalla spirale di odio

Politica. Urge cambio di rotta, dopo l’aggressione al Premier

L’aggressione è stata violenta e brutale, e le conseguenze alla persona del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, avrebbero potuto essere anche più gravi. Gravissimo è poi l’episodio in sé, tale da indurre alla solidarietà, alla “sincera vicinanza” espressa immediatamente dalla stessa Presidenza della Cei. Accanto all’espressione di solidarietà si pone una riflessione, su molteplici piani. Il primo è relativo, pressoché inspiegabile, febbrile gioco al rialzo, quella “spirale” che ha segnato la vicenda politica italiana negli ultimi tempi. Una spirale finalizzata certo a interessi a corto raggio, in cui molti osservatori hanno colto tratti della crisi che ha caratterizzato i primi anni Novanta: con tutto quel che consegue ai déjà vu, francamente desolanti. Per non parlare dei sopravvissuti degli anni Settanta che sono comparsi in questi giorni intorno a piazza Fontana. Sembra che, di fronte alla possibilità di chiudere almeno alcuni aspetti di una lunghissima “transizione” che ha segnato il nostro Paese, ci si ritragga. E questo è tanto più grave, perché tutti gli attori devono essere consapevoli che la grande crisi economico-finanziaria del 2007, di cui sembra si possa intravvedere una pur provvisoria soluzione, non fa sconti a nessuno dei competitori internazionali. Siamo, infine, alle questioni più profonde, relative al tono del sistema-Paese. Da questo punto di vista sono illuminanti le osservazioni del comunicato della Presidenza della Cei, che riprende molti interventi degli ultimi mesi del card. Angelo Bagnasco, tra i quali la prolusione all’assemblea generale di novembre ad Assisi. “È necessario e urgente – aveva detto in quell’occasione il Presidente della Cei – svelenire il clima generale, perché da una conflittualità sistematica, perseguita con ogni mezzo e a qualunque costo, si passi subito ad un confronto leale per il bene dei cittadini e del Paese intero. Davvero ci piacerebbe che, nel riconoscimento di una sana – per quanto vivace – dialettica, inseparabile dal costume democratico, si arrivasse ad una sorta di disarmo rispetto alla prassi più bellicosa, che è anche la più inconcludente. Ci rendiamo conto che il compito esige sì da parte di ciascuno un supplemento di buona volontà come di onestà intellettuale, ma anche il superamento di matrici ideologiche che sembrano talora rigurgitare da un passato che non vuole realmente passare”. Le parole del comunicato diffuso il 13 dicembre – “auspichiamo per il nostro Paese un clima culturale più sereno e rispettoso al fine di realizzare nella coesione sociale e nella responsabilità politica il bene di tutti e di ciascuno” – si pongono così in continuità con l’invito pressante ad affrontare le più gravi e grandi questioni del Paese, nell’incondizionato rispetto delle persone che esprimono diverse posizioni. Dalla Chiesa italiana, dunque, un forte richiamo al senso di responsabilità collettiva. È, per concludere, il momento della chiarezza: il momento di dire dei “no” convinti, senza alcuna reticenza, alla violenza, alla demonizzazione dell’avversario come nemico. Con la consapevolezza che una spirale di odio è molto facile da innescare e assai difficile da spegnere, da superare. Ecco, allora, la necessità di un convinto e condiviso investimento culturale ed educativo per fare crescere insieme il Paese, isolare i violenti e andare avanti con convinzione nella concretezza.

AUTORE: Sir - La Voce