Il ‘privato-sociale’ si associa per parlare con la Regione

Sono circa sessanta le strutture di ispirazione cristiana operanti nella regione

Non si è fattto ancora il “federalismo” ma è certo che alle Regioni sono state affidate sempre più competenze e spazi decisionali in molti campi, tra cui quello del “welfare”: sociale e sanitario e tutto quanto ha a che fare con la solidarietà. Sono circa sessanta le realtà di ispirazione (cooperative, associazioni ed altro) censite dall’Ufficio regionale di pastorale del lavoro, che nel loro lavoro hanno come interlocutore la Regione. Ebbene, queste realtà sono statte invitate dall’Ufficio diretto da Pasquale Caraccciolo, per un vedere se e come costituire una associazione regionale tra le strutture residenziali rivolte agli anziani e ai disabili gestite dalle diocesi o istituzioni religiose od enti d’ispirazione cristiana. La riunione si terrà martedì 19 febbraio, dalle ore 16.00 alle ore 18.30, presso il Centro informazioni del Santuario dell’Amore Misericordioso di Collevalenza (Todi) e sarà presieduta da mons. Vincenzo Paglia vescovo di Terni-Narni-Amelia e Delegato Ceu per i Problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace. La Conferenza episcopale umbra, condivide questa esigenza, provocata anche da una nuova legislazione sociale, entrata in vigore negli ultimi anni (Legge Quadro nazionale sull’assistenza n’328 del novembre 2000, Piano sociale regionale e relativi piani di zona, Piano sanitario regionale) che ha profondamente cambiato l’assetto dei servizi socio – sanitari domiciliari e residenziali rivolti agli anziani e ai disabili. “L’impegno – scrive Caracciolo nella lettera di convocazione dell’incontro – dovrà essere orientato verso la messa a rete – a pari dignità ed opportunità – dei vari soggetti pubblici (Regione, province, comuni, aziende sanitarie) e privati (terzo settore, volontariato, reti familiari e parentali), con l’obiettivo di promuovere la rete come coalizione sociale per i governo dei processi (dall’analisi dei bisogni, alla realizzazione dei servizi, al controllo degli standard di qualità)”. la nostra regione è ancora lontana da tale impostazione ed “è del tutto carente la capacità (e la volontà) delle istituzioni locali di coinvolgere i diversi soggetti sociali. Anzi – puntualizza Caracciolo – l’Umbria si caratterizza per conduzione dirigista e per atteggiamenti spesso diffidenti o strumentali, a volte discriminatori nei confronti delle iniziative del privato sociale”. E’ ormai chiaro a ciunque voglia allestire un’opera di carità, che non sono più sufficienti le buone intenzioni e la buona volontà ma è necessario, ad esmpio, dare da mangiare o da dormire o da lavorare, in spazi e con modalità che siano nel pieno rispetto delle normative. Ne sanno qualcosa le residenze per anziani o i centri di accoglienza per poveri e immigrati o anche le case per disabili, fronti sui quali le Chiese umbre hanno voluto dare una risposta a chi chiedeva aiuto. Tutto ciò richiede alle strutture residenziali private il superamento di ogni frammentazione e della tentazione sempre presente di autoreferenzialità onde pervenire ad una rappresentanza il più possibile consistente e unitaria. In una realtà sociale e politica come l’Umbria l’obiettivo di una rappresentanza unitaria è particolarmente urgente per i soggetti del privato sociale di area cattolica. Da qui l’esigenza, da più parti manifestata, di un diverso raccordo e coordinamento tra le fondazioni o enti o istituzioni religiose che gestiscono strutture residenziali per anziani o disabili.

AUTORE: M.R.V