Il Punto. La politica come vocazione?

C’è ancora buio fitto sulla crisi di governo, ma non si può dire che Napolitano, poveraccio, non ce l’abbia messa tutta. L’ultima trovata, inedita e imprevista, quella dei “saggi”, è geniale. Partire dalle cose invece che dalle persone. Se si dà l’incarico a Tizio, e questi fa una proposta, Caio dirà di no: non perché la proposta sia cattiva, ma perché l’ha detta Tizio (e viceversa). Sarà sciocco (anzi colpevole) ma succede così. Allora Napolitano si inventa un comitato di esperti destinati a rientrare presto nell’ombra, così non urtano le ambizioni di nessuno; dovranno, in pochissimi giorni, fare l’elenco delle cose che possono essere fatte subito, e debbono essere fatte subito, non importa chi le farà. Si spera che su questa traccia di cose da fare si trovino quei consensi che non si sono trovati sui nomi (per ora quello di Bersani) e sulle formule politiche. Per questo i saggi sono detti anche facilitatori. L’idea è ottima, comunque non ce ne sono di migliori. Ma c’è un ma. Perché tutto questo abbia buon esito, ci vorrebbero alcune condizioni (la buona fede delle forze politiche, lo spirito di servizio dei loro capi, eccetera). Ma se queste condizioni ci fossero, i problemi sarebbero già risolti e non ci sarebbe bisogno dei saggi. E’ come dire che una certa cura avrà successo se l’organismo del paziente avrà la forza di rispondere bene ai farmaci: ma se ce l’avesse, il malato non sarebbe malato. Questo ci fa capire che il problema non sta nell’indovinare la cura, sta nel fatto che è deteriorato l’organismo (il sistema politico italiano, anzi l’intera società italiana). Tutti mirano a fare i propri interessi, personali o di categoria o di classe o di casta: del bene generale non se ne ha più nemmeno l’idea. Nel 1918 Max Weber scriveva un saggio sulla politica come vocazione, potremmo anche dire come cultura, e ne faceva l’elogio: passione, competenza, capacità di vedere le cose in grande e dall’alto. Era una bella visione, anche se poi venne Hitler (ma non era colpa di Weber). Oggi stiamo peggio di allora.

AUTORE: Pier Giorgio Lignani