Il Punto. Stepchild adoption: che cosa comporta

Torniamo a parlare della stepchild adoption (in italiano, “adozione del figliastro”, ovvero adozione del figlio del convivente). Grazie ad essa – se diventasse legge -, chi fa parte di una coppia omosessuale registrata come unione civile avrebbe la possibilità di adottare il figlio naturale del suo compagno (o della sua compagna). È facile immaginare come andrebbero le cose: in una coppia di omosessuali maschi, uno dei due registra un neonato come figlio naturale suo e di una donna che non vuole essere nominata; dopodiché il suo compagno lo adotta, e il bambino si trova con due padri e nessuna madre. Idem, a parti invertite, nel caso di una coppia omosessuale femminile (due madri, nessun padre).
Si capisce che a molti queste prospettive sembrino innaturali e inaccettabili. Però va detto che situazioni del genere sono già possibili, anche se per ora solo di fatto; può accadere che un bambino si trovi ad avere un genitore biologico solo – perché l’altro è scomparso nell’anonimato – e che viva sotto lo stesso tetto con il partner del primo, avendo con quest’ultimo una vera relazione affettiva, pur se non legalizzata. Queste cose avvengono perché la legge (non da oggi) consente che un bambino, alla nascita, sia riconosciuto solo dalla madre o solo dal padre.
In realtà ci sarebbe un’eccezione: la legge sulla procreazione assistita (n. 40 del 2004) vieta il disconoscimento del figlio se il genitore si è prestato alla fecondazione artificiale; ma è chiaro che questa norma può essere facilmente aggirata. L’introduzione della stepchild adoption per legge non cambierebbe molto, nella sostanza. Di più: il Tribunale per minorenni di Roma ha già consentito, in qualche caso, a una donna omosessuale di adottare il figlio nato dalla sua convivente. Come spiegano i giudici queste decisioni? Con l’argomento (lo dico con parole mie) che il bambino non ha nessuna colpa del modo in cui è stato fatto nascere, e che quindi tanto vale che chi lo ha voluto sia responsabilizzato di fronte alla legge assumendo i diritti, ma anche gli obblighi di un genitore. Si può essere in disaccordo, ma una logica c’è.

 

AUTORE: Pier Giorgio Lignani

3 COMMENTS

  1. Stimatissimo Avvocato, nonché illustre concittadino tifernate,
    mi pare di ricordare che secondo la legge italiana quando chi ha la potestà genitoriale sul figlio abusa dei relativi poteri, comportandosi nei suoi confronti in modo ritenuto dal Giudice indegno e riprovevole, tale cioè da cagionargli un grave pregiudizio anche di natura morale o materiale oltreché patrimoniale, questa potestà gli viene revocata; non solo, ma nei casi così gravi da integrare gli estremi dell’abbandono, morale e materiale, il Tribunale minorile può dichiarare adottabile il bambino da chi potrà e saprà invece accoglierlo come merita e tutelarne i diritti. Alcuni di questi, fondamentali, sono peraltro riconosciuti dall’art. 7, comma 1 della “Convenzione ONU sui Diritti dell’infanzia e dell’adolescenza”, ratificata dall’Italia il 27 maggio 1991 con la legge n. 176: «Il bambino è registrato immediatamente al momento della sua nascita e da allora ha diritto a un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori e a essere allevato da essi».

    Ora, tanto per proporre alla sua attenzione una di quelle «situazioni già possibili, anche se per ora solo di fatto» che lei ricorda, poniamo che un tale abbia concretamente collaborato col proprio “marito” (benché tale per la legge della Norvegia dove il matrimonio è stato celebrato, ma non per quella italiana) a concepire artificialmente e a pagamento il proprio figlio naturale negli Stati Uniti con la procedura dell’utero in affitto, pratica ad oggi illegale in Italia; poniamo anche che questo signore abbia impedito alla madre “gestazionale” perfino di allattare il neonato al seno «perché è molto importante che sin dall’inizio il rapporto tra la donna e il bambino sia considerato non come un rapporto di una madre col suo figlio», come ha candidamente affermato “urbi et orbi” per televisione il Senatore Sergio Lo Giudice, e se lo sia poi portato in Italia; poniamo dunque che egli abbia reso di fatto questo bambino orfano di madre alla nascita, in barba alle disposizioni dell’ONU sopra richiamate quanto a registrazione immediata al momento della nascita, al nome, alla cittadinanza e a conoscere i propri genitori e a essere allevato da essi: non crede che questo signore, insieme al “marito” nonché padre naturale del bambino, si siano comportati per la giustizia italiana in modo indegno e riprovevole, conculcando i diritti del minore pur di assecondare ad ogni costo non già un loro diritto, ma soltanto un pur comprensibile desiderio, al punto da costringere di fatto la madre all’abbandono, morale e materiale, del figlio che ha messo al mondo?…
    Eppure, lungi dal sanzionare il padre naturale per la propria condotta intervenendo magari sulla sua potestà genitoriale, nonché chi gli è stato complice in questa pratica abominevole (come l’ha definita l’ex Parlamentare Livia Turco), entrambi vengono accolti in patria come eroi e paladini di un presunto “diritto al figlio” (che semmai è soggetto, non oggetto di diritto), quindi si sciabola allegramente lo champagne nella “buvette” del Senato brindando con loro al lieto evento e infine se ne loda il “coraggio civile” sui giornali, in televisione e sull’Internet… Se lei trova che anche in tutto questo ci sia una logica, questa a me pare piuttosto perversa.

    Lei afferma poi che «l’introduzione della “stepchild adoption” per legge non cambierebbe molto, nella sostanza»: mi permetta di dissentire. Se con la “stepchild adoption” sarà infatti legalmente possibile da parte del Senatore Lo Giudice e di chi si trova nelle sue medesime condizioni adottare il figliastro pur avendo «aggirato una norma» – come lei stesso afferma – che considera illecita in Italia la pratica aberrante che essi hanno invece deliberatamente attuato, questo non farà altro che legittimare la pratica medesima, rendendola da aggirabile “di fatto”, ma pur sempre illegale, invece agibile “di diritto”, quindi legale. Non mi pare differenza di poco conto, né giustificabile con la logica del «tanto vale», che a me pare anch’essa perversa e disumana quando si tratta di bambini e non di rape o patate, i quali ortaggi possono peraltro godere di forse maggiori tutele sulla base dell’ormai universalmente riconosciuto “principio di precauzione”.
    Quanto all’esempio triste e lacrimevole spesso addotto a sostengo della “stepchild adoption”, cioè quello del destino dickensiano che attenderebbe il povero bambino orfano di madre – per tragico evento naturale o per ricorso alla GPA – che disgraziatamente perdesse pure il padre e dovesse venir strappato dalle amorevoli braccia del di lui compagno di vita, lei sa meglio di me che il caso è fin d’ora puntualmente previsto e normato proprio dalla legge che il ddl Cirinnà bis vorrebbe correggere, visto che l’art. 44 della Legge 4 maggio 1983, n. 184 sul “Diritto del minore ad una famiglia” così recita testualmente:

    «1. I minori possono essere adottati anche quando non ricorrono le condizioni di cui al comma 1 dell’articolo 7 (minori dichiarati in stato di adottabilità, n.d.r.):
    a) da persone unite al minore da vincolo di parentela fino al sesto grado o da preesistente rapporto stabile e duraturo, quando il minore sia orfano di padre e di madre; (…)
    3. Nei casi di cui alle lettere a), c), e d) del comma 1 l’adozione è consentita, oltre che ai coniugi, anche a chi non è coniugato».
    Tanto per restare nel caso ormai a tutti noto del Senatore Lo Giudice, per averne egli stesso a lungo parlato in televisione, nella malaugurata ipotesi che il suo compagno Michele Giarratano venisse a mancare, il di lui figlio Luca potrà quindi con ogni probabilità essere adottato dal Lo Giudice, che «non è coniugato» e che con decine di pubbliche interviste, foto e filmati non avrà certo difficoltà a dimostrare di essere «unito al minore da preesistente rapporto stabile e duraturo».

    Come lei ha giustamente ricordato, in questo caso – ma solo in questo estremo e tristissimo – una logica dunque già c’è. Ma non cerchiamo, per favore, di estenderla indebitamente al solo fine di legittimare in modo surrettizio pratiche illogiche e disumane, verso le quali andrebbero anzi inasprite le norme e le sanzioni: soprattutto – mi permetta – se lo si fa sul giornale dei Vescovi Umbri, i quali spero non confondano, almeno loro, il legittimo desiderio di un padre e di una madre di accogliere i figli con l’inaccettabile smania di taluni di rivendicare il diritto di comprarseli.
    Con immutata stima.
    Pierfrancesco Zangarelli, Città di Castello

    • Gentile Zangarelli, lasciamo al Consigliere Lignani una eventuale risposta che entri nel merito delle osservazioni. Vogliamo però precisare che Pier Giorgio Lignani non è un avvocato ma è un Magistrato del Consiglio di Stato. Il Consiglio di Stato, come scrive anche Wichipedia, in quanto “organo amministrativo è il supremo organo di consulenza giuridico-amministrativa del Presidente della Repubblica, mentre come organo di giurisdizione amministrativa è preposto alla tutela dei diritti e degli interessi legittimi dei privati nei confronti della pubblica amministrazione italiana”.
      Tanto dobbiamo per completezza di informazione sull’autore del commento da lei citato.
      Cordiali saluti

      • Spett.le Redazione, grazie delle precisazioni, ma essendo concittadino – come ho scritto più sopra – ed estimatore dell’autore dell’articolo in parola ne conosco bene il ruolo di Magistrato nel Consiglio di Stato, senza dover ricorrere a Wikipedia (della quale Wichipedia, col “ch” al posto della “k”, è solo una pur divertente parodia presente in rete). L’ho chiamato “Avvocato” solo perché con questo titolo viene riportato, fra l’altro, nella pagina delle Onorificenze del sito Internet della Presidenza della Repubblica a lui dedicato (cfr. link in calce), nel quale si ricorda come «Lignani Avv. Pier Giorgio» sia stato nominato nel 2005 Grande Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiana, e nel 2009 Cavaliere di Gran Croce Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Non credo dunque che il Consigliere Lignani se la prenderà per questo; se così invece fosse, me ne scuso con lui fin d’ora.
        Cordiali saluti.
        http://www.quirinale.it/elementi/DettaglioOnorificenze.aspx?decorato=119145

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