Il referendum? Scelta di potere

Domenica 17 aprile si voterà per un referendum. Non è la prima volta che succede, ma è la prima volta che un referendum viene indetto non per la richiesta firmata da (almeno) cinquecentomila elettori, bensì a richiesta di (almeno) cinque regioni. Quest’ultima modalità è prevista dalla Costituzione, ma finora non era mai accaduto. Non essendoci stata una campagna popolare per la raccolta delle firme, è mancato anche un importante fattore di sensibilizzazione dell’opinione pubblica. Detto in parole più rozze, non ne sa niente nessuno, o quasi. Toccherebbe a me dare ai lettori qualche spiegazione sul quesito referendario; ma se è vero che in genere è difficile dare spiegazioni sui referendum, questa volta lo è di più: almeno per me, che però su certi temi non potrei dirmi uno sprovveduto. In estrema sintesi, se vince il “no” (e la legge rimane com’è) vuol dire che le concessioni per l’estrazione di idrocarburi vicino alle coste resteranno valide fino a che non sia esaurito il giacimento; se vince il “sì” vuol dire che quelle concessioni resteranno valide solo fino ad una certa scadenza, ma – attenzione – potranno essere comunque rinnovate fino a un’altra scadenza e poi di nuovo, fino a che non sia esaurito il giacimento. Chiaro, no? Il punto di fondo è questo: se le concessioni saranno subordinate a un rinnovo periodico, le amministrazioni regionali avranno voce in capitolo nelle procedure di rinnovo; altrimenti no. Insomma, tutto qui: un po’ più di potere alle regioni, o un po’ meno. Il conflitto politico è tra il governo, che ha voluto rendere a tempo indeterminato le concessioni, e le regioni che non vogliono rinunciare a una fetta di potere. La tutela dell’ambiente c’entra pochissimo, perché quelle attività estrattive sono in esercizio da molti anni (anzi decenni) e sinora non hanno provocato disastri: se ne avessero provocati, sarebbero state immediatamente chiuse, cosa sempre possibile anche se il referendum non passa. Anche questa volta, come in molti altri scontri politici, la posta in gioco non è il bene pubblico (che è difficile capire da che parte stia), ma la distribuzione del potere: a chi tocca il privilegio di decidere?

AUTORE: Pier Giorgio Lignani

1 COMMENT

  1. Si può anche essere d’accordo sul fatto che le Regioni non abbiano pensato all’interesse pubblico nel volere il referendum, ma a rafforzare il loro potere, tuttavia se venisse raggiunto il “quorum” e dovesse vincere il SI si darebbe un segnale al governo perché cambi la politica energetica e soprattutto perché la popolazione sia coinvolta su temi importantissimi come l’ambiente, lasciato troppo spesso in mano alle mafie, come le cronache ormai giornalmente ci raccontano, con le disastrose conseguenze in termini di morti precoci e maggiori in percentuale rispetto alla media nazionale, che ben conoscono le martoriate popolazioni della Campania, della Puglia, della Basilicata, della Sicilia e anche dell’Umbria, nelle zone degli sversamenti di rifiuti tossici recentemente venuti alla luce. Mi meraviglia che prendiate la questione così alla leggera, Papa Francesco ha anche scritto un’Enciclica sull’economia ambientale che “uccide”.

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