Il senso cristiano del dolore

CAPPUCCINE. Incontro con padre Etzi, rettore dell’Antonianum, per il ciclo “Dialogando su Veronica”

Ha avuto luogo nel monastero delle Cappuccine, domenica scorsa, “Dialogando su Veronica”, un incontro su santa Veronica Giuliani, tenuto da padre Priamo Etzi, rettore della pontificia università Antonianum e frate minore francescano. L’evento aveva per tema “Il senso cristiano della sofferenza” ed ha visto la partecipazione di un folto numero di religiosi e laici interessati che hanno riempito la sala dove si è tenuta la conferenza. “Noi stessi – ha esordito padre Etzi – quando facciamo esperienza del dolore, cerchiamo subito di ribellarci; davanti alla sofferenza la prima reazione è quella di non accettarla, anche se teoricamente potremmo renderla comprensibile. Inoltre, paradossalmente, davanti al male molte persone trovano Dio”. “Dare un senso alla sofferenza – ha continuato il relatore – è uno sforzo che cerca di fare solo il cristianesimo tra le varie confessioni. Il cristiano cerca di dare un senso alla sofferenza, ma a partire da Gesù Cristo e dal progetto di Dio. Dio non vuole in alcun modo il dolore, perché non vuole il peccato: la vera origine della sofferenza che infliggiamo a noi stessi e agli altri. Il peccato significa uscire dall’orbita di Dio che ci lascia liberi di scegliere, tenendo presente che Lui non ha nessuna volontà di male. Dio in Gesù Cristo scende nella sofferenza e la fa propria. Questa è la risposta di Dio alla sofferenza e al male. Dio dispiega tutto il suo amore per delle fragili creature, per un cosmo stupendo, ma destinato a finire. L’idea della sofferenza diventa sopportabile solo se questa viene vissuta come dote dell’amore che Dio ci dona. L’unica risposta che possiamo dare alla sofferenza è quindi quella di viverla con amore e superarla per amore; mentre l’unica via percorribile per uscire dalla sofferenza è quella della fede e della salvezza”. “L’esperienza di Veronica Giuliani – ha continuato padre Etzi, passando a parlare della santa tifernate – è stata caratterizzata dalla sofferenza, anche volutamente ricercata. Ma Veronica non era una pazza. A spingere Veronica verso le sofferenze era una matrice nobile, non patologica. La vocazione di questa santa è quella di unione con Dio crocifisso. Non sono fantasie di una mente disturbata e non c’è niente di ossessivo o di nevrotico. Veronica più medita il mistero della Passione, più ha il desiderio di patire perché vuole completare nella sua carne il patimento di Gesù. Un concetto molto lontano per noi moderni, che cerchiamo di eliminare in tutto e per tutto la sofferenza”.

AUTORE: F. O.