Il suo stile pastorale esplosivo ha lasciato il segno in diocesi

Città di Castello. Nel 2010 cade il centenario della nomina di mons. Carlo Liviero

Indubbiamente il 2010 che inizierà tra una settimana sarà un anno durante il quale non potremo dimenticare alcuni anniversari che legano la diocesi a mons. Carlo Liviero, vescovo di Città di Castello e beato. Cento anni fa don Carlo Liviero, fino ad allora parroco ad Agna, in Veneto, viene nominato vescovo di Città di Castello. Era il 6 gennaio 1910 quando venne resa nota la decisione papale. Lo stesso anno, il 6 marzo, veniva consacrato vescovo a Padova ed il 29 giugno faceva ingresso in diocesi. Il nuovo Pastore il 13 giugno 1910 indirizza alla diocesi una lettera nella quale espone il suo programma pastorale: “Salvare le anime a qualunque costo. Quando si tratta di anime, non dire mai basta: giorno, notte, monte, città, campagna è tutt’uno; la nostra missione è questa: condurre le anime a Cristo”; “i fanciulli, i poveri, gli operai, ecco la parte più importante della messe; beati noi se, venuta la sera di nostra vita, potremo mostrare al Padre di famiglia abbondanti manipoli”. Per la verità, al suo arrivo a Città di Castello l’accoglienza non fu delle migliori: poca gente lo accoglie alla stazione, e poche le cose che il vescovo porta con sé: qualche valigia e una gabbia con i canarini. Liviero si porta dietro la fama di prete tutto d’un pezzo, di marca veneta, il quale aveva riportato l’ardore religioso tra le poverissime popolazioni di Gallio e di Agna. Qualcuno arriva anche a ironizzare sulla sua semplicità, sul suo aspetto fisico. Quell’uomo di 44 anni, dalla faccia larga e gioviale e dalla corporatura massiccia, aveva più l’aria di un parroco di campagna che di un vescovo. Eppure il suo ardore pastorale “esplosivo” lasciò il segno: appena arrivato a Città di Castello, proprio nel 1910, Liviero si rende conto che la tipografia costituisce uno dei principali settori industriali; ogni gruppo politico dispone di un proprio periodico, spesso settimanale, attraverso il quale diffondere le proprie idee ed esercitare la propria influenza. Il vescovo comprende subito l’importanza della stampa, e dà vita al settimanale Voce di popolo, il cui primo numero esce il 23 luglio 1910. La Voce può dirsi sicuramente pronipote di questo periodico! Non solo, il nuovo vescovo pensa all’istituzione di una scuola elementare maschile che affiancasse quella delle Salesiane, per offrire anche ai fanciulli un ambiente educativo simile a quello che offrivano le suore. Avvia subito le necessarie pratiche, e il 5 novembre 1910 il Regio provveditore agli studi di Perugia autorizza l’apertura di una “Scuola privata elementare di 3a e 4a maschile con due distinti insegnanti”, Enrichetta Puccetti per la terza e Crescenzio Conte per la quarta. Le lezioni iniziano il 7 novembre, in alcuni locali di proprietà del vescovado in via Cacciatori del Tevere. I risultati sono subito buoni: i 17 alunni della quarta presentati per gli esami nella scuola pubblica sono tutti promossi. Dopo qualche anno di provvisoria sistemazione nei locali di via Cacciatori del Tevere e nel vescovado stesso, la scuola è trasferita presso il Seminario vescovile. Tutto questo basta per festeggiare il nuovo anno assieme alle suore Piccole Ancelle del Sacro Cuore.

AUTORE: Francesco Mariucci