Il testo della lettera inviata alla presidente della Commissione speciale per lo Statuto Fiammetta Modena

Gent.mo Presidente mi rivolgo a Lei per sottoporre alla Sua attenzione alcune valutazioni in merito al nuovo statuto regionale la cui bozza è in via di definizione. Viviamo un tempo in cui, pur in un quadro di riassetto istituzionale nazionale ed europeo difficile e complesso, si riscoprono le prospettive ideali per progettare il futuro della nostra regione. Esso richiede a tutti noi un apporto costruttivo che scaturisca dal meglio della nostra tradizione. Per questa ragione la Consulta regionale, da me presieduta, ha voluto dare con sollecitudine il proprio contributo per la stesura del nuovo statuto della Regione dell’Umbria, a leale sostegno del delicato compito assegnato alla Commissione speciale istituita dal Consiglio regionale dell’Umbria. Mi permetto ora di farle pervenire alcune ulteriori considerazioni su argomenti particolarmente dibattuti all’interno della Commissione stessa e cioè l’identità regionale, la sussidiarietà e la famiglia. Sul primo argomento dovremmo tutti pacificamente concordare che il nuovo statuto dovrà correttamente rappresentare i valori propri della terra umbra e delle sue antiche tradizioni civili e religiose che costituiscono ancora oggi il ricco patrimonio su cui si fonda la vita della regione. L’Umbria, terra aperta e libera, è conosciuta nel mondo per la sua storia e l’arte che la raffigura. Essa nella stessa conformazione delle sue città, cresciute intorno al municipio e alla cattedrale, porta i segni visibili e tangibili della sua cultura nei diversi campi dell’architettura, scultura, pittura, letteratura, musica. Testimonianze della vita di santi e sante e personalità di rilievo (dai vescovi “defensor civitatis” Ercolano di Perugia e Ubaldo di Gubbio a Valentino di Terni, Benedetto da Norcia, Jacopone da Todi, Chiara d’Assisi, Angela da Foligno sino al cardinale Gioacchino Pecci – per 32 anni vescovo di Perugia poi Leone XIII il papa del dialogo con la modernità e della Rerum novarum la grande enciclica sulla questione operaia – e la Beata Madre Speranza di Collevalenza) costituiscono ancora oggi l’eredità più preziosa . Tali personalità, con la loro vita e le loro opere, hanno avuto un ruolo decisivo e attivo non solo nella sfera religiosa ma anche nella società e nella cultura del loro tempo. Oggi l’Umbria ed Assisi, anche attraverso significative esperienze di cooperazione internazionale e di dialogo ecumenico ed interreligioso e iniziative importanti come la Marcia per la Pace, sono richiamo e riferimento per tutto il mondo che anela la pace e la giustizia. Con Giovanni Paolo II nella nostra regione si sono svolti eventi di rilevanza mondiale per la costruzione della pace in momenti decisivi della nostra storia contemporanea. Tutto questo è l’Umbria. Essa però ha bisogno di crescere ancora nel suo comune sentire ed agire. Il nuovo statuto dovrà raccogliere e rappresentare adeguatamente quel che l’Umbria è e spronare a costruire un futuro consapevole della propria storia e delle proprie tradizioni. Il tema della sussidiarietà, specie quella orizzontale, non è una questione secondaria. E’ in ballo la piena applicazione dei principi della libertà, della democrazia e della partecipazione. Riguarda principalmente il ruolo della società civile (dalla famiglia ai diversi corpi intermedi) nei vari ambiti della vita sociale, in particolare del walfare (protezione sociale, salute, istruzione, lavoro ecc.). La legislazione degli ultimi anni ha trasferito alla regione e alle comunità locali la gestione delle politiche di walfare, per le quali peraltro vi sono meno risorse a disposizione. E’ essenziale per il mantenimento dei livelli qualitativi dei servizi porre all’origine e al centro della solidarietà e della sussidiarietà le persone e le formazioni sociali di base (ruolo sussidiario appunto e non supplente). Più concretamente, in questa prospettiva che mette al primo posto l’autonoma iniziativa dei cittadini e dei gruppi sociali, è essenziale che comuni, province e regione siano sagomati in modo da riconoscere, integrare, potenziare i gradi precedenti di solidarietà e libertà, di autorganizzazione e di autopromozione, di modo che il bene comune, di cui è responsabile ultima la società politica ai vari livelli, venga sempre più commisurato alle persone e ai gruppi concretamente esistenti. Sul tema della famiglia, infine, mettendo da parte ogni approccio strettamente religioso o ideologico, non è opportuno equiparare o addirittura contrapporre i diritti della famiglia stabile fondata sul matrimonio – civile o religioso che sia – con i diritti di altre forme di convivenza. Sarebbe una palese ingiustizia che mortificherebbe le responsabilità pubblicamente assunte da chi si impegna ad assicurare la stabilità del patto coniugale. La crisi crescente dell’istituzione familiare e la forte denatalità che interessano la nostra regione (l’Umbria si candita ad essere la prima regione in Italia) non possono non preoccupare il governo regionale anche per i risvolti demografici ed economici conseguenti. La famiglia va decisamente sostenuta e non ulteriormente mortificata. A tale riguardo si ripropone quanto esposto nel capitolo “Le politiche sociali” del documento “Contributo per lo statuto della Regione dell’Umbria” della Consulta regionale, in cui sono formulate proposte per uno stato sociale modellato non semplicemente sugli individui ma a sostegno del nucleo familiare. Nel ringraziarla per la cortese attenzione, Le invio i più cordiali saluti.

AUTORE: ' mons. Vincenzo Paglia