In chiesa parliamo della libertà!

Parola di vescovo

Oggi viviamo in questo deserto del nichilismo, creato dall’illuminismo post-moderno e dal cosiddetto “pensiero debole” di alcuni pensatori, che diventano “persuasori occulti” anche della gente che viene in chiesa, perché diffondono le loro idee su giornali e su riviste, che vanno sulle mani di tutti. Come reagire in questa difficile situazione, in cui la libertà viene usata come una potente arma contro la fede cristiana? Purtroppo, di libertà parliamo poco nella predicazione e nella catechesi, perché è una parola che suona male alle orecchie di molti nostri ascoltatori. Ma non è questo un buon motivo per temere di parlarne in chiesa, perché fuori se ne fa un cattivo uso. Anzi, proprio perché se ne fa un cattivo uso fuori, bisognerebbe parlarne bene e più spesso anche in chiesa. Ottimi argomenti per trattarne ne abbiamo a cominciare dal Vangelo, dalle lettere di san Paolo in poi. “La verità vi farà liberi”, disse Gesù “a quei giudei che avevano creduto in lui” (Gv 8, 31), Ai cristiani della Chiesa della Galazia, che si erano lasciati fuorviare dai giudaizzanti tornando al rito della circoncisione, san Paolo scriveva: “Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù […]. Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà” (Gal 5, 1.13). È facile notare che si parla più di “liberazione” che di libertà, perché appunto la libertà è una faticosa e mai conclusa conquista attraverso un quotidiano processo di “liberazione”. Si parla con troppa facilità di libertà da rivendicare come diritto, e così liberarsi da ogni norma e da ogni legge. Invece di essere una “libertà per”, cioè finalizzata ad un valore da realizzare, essa diventa piuttosto una “libertà da”, cioè vuota di valori e di senso. Questo vuoto di valori e di senso è la causa principale della “malattia mortale” di cui parlava Kierkegaard e di cui soffriamo oggi. In una lettera al padre, il giovane Kafka lo rimproverava perché durante la sua infanzia e adolescenza egli era stato sempre pronto a soddisfare ogni suo desiderio, senza fargli sentire la sua autorità di padre. La libertà, intesa nel senso giusto, non esclude la legge, l’autorità, i comandamenti di Dio; anzi per il suo libero esercizio essa ne ha invece bisogno. Una libertà senza regole sarebbe come voler viaggiare senza segnaletica, senza semafori. Fermarsi ad un semaforo rosso, o seguire una segnaletica giusta, non è un’offesa alla libertà di chi viaggia, ma ne tutela l’esercizio.

AUTORE: Giovanni Benedetti