In principio era il Logos

Un volume per approfondire i rapporti tra la Bibbia, la razionalità e il linguaggio
Il san Tommaso di Caravaggio
Il san Tommaso di Caravaggio

Il volume Il logos della fede: tra ragione, rivelazione e linguaggio di padre Maksym Adam Kopiec (ed. Antonianum, 2014) è scritto per far riflettere sulle ragioni del credere e, laddove c’è bisogno, per far riscoprire queste ragioni, nella sequela dell’apostolo Pietro che, rivolgendosi a un gruppo cristiano minoritario in un ambiente pagano, ostile, esortava a essere “sempre pronti a rendere ragione della speranza che è in voi” (1 Pt 3,14-17).

A partire da Tommaso nel Cenacolo, gli uomini si sono sempre interrogati sul rapporto tra fede e ragione, e padre Kopiec ha voluto offrire un suo contributo a questa riflessione.

Non a caso la copertina del libro riporta il dipinto del Caravaggio in cui si evidenzia come l’atto di fede di Tommaso abbia avuto bisogno del supporto del “toccare con mano” e come Gesù abbia soddisfatto e colmato questa sua “esigenza”.

Riflettere e riscoprire le ragioni che sottostanno all’atto di fede è quindi un passaggio essenziale.

Il testo è un libro di studio scientifico, di Teologia fondamentale, quella teologia che sottende a tutte le altre teologie, avendo come principale argomento di studio la divina rivelazione e la sua credibilità.

Mentre in tanta parte del sentire comune la fede viene identificata con una forma di sentimentalismo, identificata come “emozione” soggettiva, l’autore di questo testo mette in risalto come la “ragione”, oggi sempre più identificata come “ragione scientifica”, cioè matematica, non copra tutto lo spettro della “ragione”.

L’atto di fede pertanto non è un atto “irrazionale”. Ma qual è il tipo di ragione che sta dietro l’atto di fede? È una ragione di tipo simbolico. Laddove per simbolo si deve intendere ciò che attraverso la sua presenza rende presente l’invisibile. Mentre la ragione scientifica attraverso una equazione matematica: A = B, fa sì che B indichi come è A (basta pensare all’equazione: acqua = H2O) la ragione simbolica non fa vedere ciò di cui è rappresentanza ma vi rimanda come il significante richiama il suo significato.

E non è che questo tipo di conoscenza non abbia la sua validità. Lo sperimentiamo nel vivere quotidiano: un esempio lo abbiamo nel mazzo di fiori o nel regalo con cui diciamo il nostro amore a qualcuno; l’amore invisibile è reso presente dal segno (mazzo di fiori o regalo). Si tratta allora di imparare a leggere i segni del Dio invisibile, di imparare a riconoscere il linguaggio di Dio.

Va precisato che Dio non è l’oggetto di studio della teologia, bensì ne è il soggetto stesso. È Lui il protagonista; è grazie alla Sua rivelazione che possiamo parlare di Lui. Egli infatti in primo luogo è Parola, come ci ricorda il Vangelo di Giovanni: “In principio era il Logos” e questa definizione ci aiuta anche a percepire meglio il mistero trinitario: Dio Padre è il “Parlante”; Gesù il Figlio rivelato è la Parola detta in persona, e lo Spirito santo è lo stesso “Atto del parlare”, la comunicazione.

Dio pertanto lo incontriamo nella sua Parola, nei segni che Lui ci dà e Lo rendono visibile. A partire dalla creazione, prima manifestazione – anch’essa parola – di Dio, possiamo dire che l’atto di fede si compie dentro la storia, in tempi e situazioni precise, concrete. La Rivelazione si compie, poi, in maniera piena nell’evento dell’Incarnazione nella quale viene offerta all’uomo la Verità in persona.

Essa può essere accolta con la fede, che implica la ragione nella sua capacità di cogliere nella parola-evento il riferimento che la sottende. Tutto ciò che ci avvolge è linguaggio. Veniamo dal linguaggio, siamo immersi nel linguaggio, esso è come un orizzonte che ci avvolge. E il linguaggio è un significante che rimanda a un significato. Questa è la ragionevolezza della fede.

Il testo è formato da sei capitoli. Il primo capitolo è un excursus attraverso la cultura contemporanea. Offre una ricognizione di aspetti fondamentali della stessa: il fenomeno dell’ateismo e i diversi modi del non credere; il nichilismo, forma estrema del non credere, negazione della verità universale e trascendente; il neo-fideismo e la questione etica.

Il secondo entra dentro la natura razionale dell’atto di fede.

Il terzo, cuore del testo, è una penetrazione della ragione del credere fondata sulla auto-comunicazione di Dio. È in questa parte del testo che si parla dell’impossibilità dell’uomo di avere una visione immediata di Dio, e quindi di come la Sua manifestazione avvenga attraverso simboli.

“Questa “immediatezza mediata” della Rivelazione è offerta sia attraverso la creazione, sia attraverso la storia particolare in eventi, parole, gesti, scritti, riti, e persone. Essi “alludono a un senso salvifico, svelato e insieme nascosto, in essi presenti, che non è il frutto di una produzione della mente” (pag. 142).

Il capitolo quarto è una ricognizione della rivelazione del Logos nelle religioni e nell’esperienza religiosa.

Il quinto capitolo è un approfondimento del tema del linguaggio fino alle moderne teorie linguistiche. E qui si mostra come il linguaggio non si esaurisca nella funzione descrittiva ma si completi nella funzione simbolica.

Il sesto e ultimo capitolo passa in rassegna le seguenti tematiche: la Rivelazione come fondamento del linguaggio teologico; la ripresa dell’analogia e la sua attualità; il linguaggio teologico e l’ermeneutica; il linguaggio teologico e la testimonianza.

È un testo solo per iniziati? Credo proprio di no. È scritto in modo facile, con una possibilità di comprensione alta e, starei per dire, alla portata di tutti. Denota un possesso eccezionale della lingua italiana da parte di uno straniero (ma è nota la facilità degli orientali con le lingue). Un’opera pregevole per un serio approfondimento delle ragioni per credere.

 

Dalla Polonia a Terni

Padre Maksym Adam Kopiec, ofm, nato in Polonia, a Cieszyn, nel 1971, è l’autore volume Il logos della fede: tra ragione, rivelazione e linguaggio, edizioni Antonianum, 2014. Dal 2005 è docente aggiunto presso la pontificia università Antonianum di Roma. Nel 2006 ha insegnato per un semestre presso l’Istituto biblico francescano di Gerusalemme, e nel 2008 ha condotto un semestre di ricerca scientifica presso l’Università di Oxford. Ricopre attualmente l’incarico di vice direttore della rivista Antonianum. Da alcuni anni presta servizio, nei giorni festivi, nella parrocchia di Santa Maria Regina a Terni.

 

AUTORE: Don Gianni Colasanti