La bella notizia che non passa

Editoriale

In una piazza di Spagna bagnata dalla pioggia, Benedetto XVI, davanti all’altissima colonna dove è posta l’immagine – venerata dai romani – della più alta Donna tra tutte, ha affermato che agli uomini serve la “bella notizia”, traducendo così la parola “Vangelo”, ordinriamente detto ”buona notizia”. Sappiamo non da oggi, lo sapevano già i greci, che il buono e bello vanno in coppia, tanto che anche il testo ripetuto sette volte nel libro della Genesi: “E Dio vide che era cosa buona”, si può tradurre anche con “bella”. Di quale bella notizia parlava il Papa? Una notizia fatta persona o meglio una persona fatta notizia. Maria, in quanto immacolata, cioè senza alcuna macchia di peccato in nessun momento della sua vita fin dal concepimento, sta lì ad indicare ai credenti e al mondo che il male è vinto, Dio è più forte. Il Papa lo dice meglio: “Ella è la Madre Immacolata che ripete anche agli uomini del nostro tempo: non abbiate paura, Gesù ha vinto il male; l’ha vinto alla radice, liberandoci dal suo dominio”. Subito dopo Benedetto XVI si cala nella situazione attuale della comunicazione di massa, e della televisione in modo particolare con parole efficaci, dure come pietre, avvertendo che oggi siamo bombardati da notizie brutte, cattive, persino orribili, di delitti e trasgressioni, ripetute continuamente giorno dopo giorno lungo l’arco delle settimane e mesi e anni (descrizioni di delitti di 20/30 anni fa), con descrizioni di particolari, interviste a criminali e trasgressori di professione. La ripetitività è una caratteristica delle più evidenti, fino ad essere ossessiva, dell’attuale sistema delle comunicazioni. Anche nella stampa avviene la stessa cosa. Pensiamo all’orgia comunicativa legata al fattaccio di Marrazzo, propagato a diluvio su tutti i media, anche locali, con abbondanza di bruttezze esibite. Il Papa dice: “Il male è raccontato, ripetuto, amplificato”, fino a determinare una specie di assuefazione, o meglio, “abituandoci alle cose più orribili, facendoci diventare insensibili e, in qualche maniera, intossicandoci, perché il negativo non viene pienamente smaltito e giorno per giorno si accumula. Il cuore si indurisce e i pensieri si incupiscono”. .Che fare allora? Qui si apre un grande capitolo, che con La Voce e altri strumenti cattolici di informazione da sempre teniamo aperto, e che purtroppo troviamo pieno di interrogativi. In questa settimana, solo per fare un esempio, dopo l’articolo di fondo del numero scorso mi sono giunte reazioni contrarie non perché riportava cattive notizie, ma perché si faceva la critica di una cattiva maniera di interpretare il Natale, come forma religiosa di identità che esclude, anziché un evento universale di pace e di fraternità. Non si è neppure andati avanti a leggere la critica di senso contrario di chi vuole attenuare il Natale per non offendere i musulmani. In questo modo la bella notizia dei media cattolici non passa e rimane soffocata dalla colluvie delle notizie spazzatura. Nessun anatema, nessuna censura. Piuttosto un appello alla responsabilità, alla consapevolezza, all’educazione. E una risposta più radicale, di scelte di vita in conformità con la “bella notizia”. La bella notizia, che non passa nel senso che non invecchia e non perde di valore e nel senso che deve passare, cioè deve arrivare ed essere più efficace di quella cattiva. Noi ci stiamo provando. Ci provino anche i nostri lettori.

AUTORE: Elio Bromuri